Giocare non è solo un puro passatempo. Il mercato del gaming è in costante crescita ormai da 10 anni e ha chiuso il 2020 – complice la pandemia – col botto: oltre 2,2 miliardi di fatturato solo in Italia. Ma non tutti vedono il gaming di buon occhio, soprattutto la Cina.
Dopo aver bandito Fortnite, poi limitato a 3 ore settimanali l’uso di videogame per gli under 18, la Cina ha messo a punto una nuova stretta al mondo del gaming. Ormai da diversi mesi ha sospeso la pubblicazione di nuovi videogiochi nel territorio nazionale, causando il fallimento di oltre 14mila aziende.
Di norma l’NPPA, National Press and Publication Administration, si occupa di fornire mensilmente le license per la pubblicazione di nuovi videogame alle aziende tech (tra gli 80 e i 100 al mese). Questa prassi è stata improvvisamente interrotta ormai da luglio scorso: si tratta dello stop più lungo dal 2018, quando la pubblicazione era stata sospesa per ben 9 mesi.
La posizione del Partito Comunista Cinese è chiara. I videogiochi sono “oppio spirituale”, estremamente dannosi per i loro fruitori che possono facilmente diventarne dipendenti, soprattutto se giovani. Questa la motivazione che aveva spinto il Governo cinese, lo scorso agosto, a vietare i videogiochi per gli under 18 durante la settimana scolastica.
La scelta si colloca dunque nella più ampia strategia di contrasto alla dipendenza dal gaming. D’altronde, i giochi sono ormai tutt’altro che un semplice passatempo: basti pensare alla questione loot box, che mette gli utenti a forte rischio assuefazione rendendo i videogiochi sempre più simili al gioco d’azzardo. Non si tratta neanche di preoccupazioni infondate, in quanto diverse ricerche mostrano come i gamer cinesi contino uno screen time esponenzialmente maggiore rispetto all’utente medio (12.39 ore settimanali a fronte della media globale di 8.45).
La scelta della Cina ha lasciato una scia di distruzione dietro di sé. Da luglio ad oggi oltre 14mila piccole imprese tech cinesi hanno dichiarato il fallimento. Si tratta di numeri preoccupanti se consideriamo che l’intero 2020 ne conta 18.000.
Ma le perdite non hanno risparmiato i grandi colossi cinesi. ByteDance, proprietaria di Tik Tok, Tanwan Games e Baidu hanno cercato di far fronte a questa improvvisa crisi effettuando consistenti tagli nel personale. Tencent, proprietaria di WeChat e NetEas hanno invece reagito trasferendo rapidamente le loro risorse su altre aree geografiche.
Il gaming è un mercato giovane e indubbiamente promettente. Secondo NewZoo, ha chiuso il 2020 raggiungendo un fatturato di 175 miliardi di dollari, il 19,6% in più rispetto all’anno precedente, superando di 15 miliardi le stime di crescita effettuate all’inizio della pandemia. Si tratta di cifre da capogiro se consideriamo che il mercato musicale ha fatturato 36 miliardi entro il 2018. Insomma, giocare non è più un “gioco”. È fonte di guadagno non solo per le aziende ma anche per gli stessi gamer, molti dei quali sono riusciti a fare della loro passione un lavoro.
Misure come quelle della Cina possono mettere a rischio tutto ciò. Gli utenti cinesi sono una larga fetta sui cui i colossi tech contano. Molte sono le aziende che avevano investito sul mercato cinese e si sono viste messi i bastoni tra le ruote: prima tra tutte Epic Games che ha deciso di ritirarsi dal mercato cinese dopo una serie di discordie con il governo.
La Cina è sempre stata molto restrittiva sull’ambito gaming. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un maggiore liberismo, ma non è sempre stato così. Basti pensare che dal 2000 al 2015 aveva addirittura bannato tutte le console dal territorio cinese.
Le scelte compiute negli ultimi mesi lasciano pochi dubbi: sembra proprio che la Cina abbia intenzione di tornare sui suoi passi. Ne vedremo ancora delle belle.
Alice Maria Reale
Fonte: Pxhere
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Nata a Catania nel lontano 2002, la piccola Alice si è sempre distinta per la sua risolutezza e determinazione.
Dopo aver deciso di voler diventare un’archeologa, poi una veterinaria e poi un’insegnante, si iscrive al Liceo Linguistico Lombardo Radice e scopre le sue due grandi passioni: la scrittura e le lingue straniere, che decide di coniugare iscrivendosi alla facoltà di Scienze e Lingue per la Comunicazione.