Ci siamo stupiti qualche anno fa, quando la frequente domanda «mi dai il tuo numero di telefono?», posta – spesso anche con una certo stress emotivo – per restare in contatto con qualcuno conosciuto da poco, è iniziata a diventare un apparentemente disinteressato «ci sei su “Facebook”?». Oggi, ci stupiamo quando la risposta a quest’ultimo quesito capita sia negativa. La piattaforma “zuckerberghiana”, infatti, rappresenta ormai una componente fissa della nostra quotidianità: l’accesso ai social sembra un’attività talmente frequente da essere considerata un elemento integrativo della routine. D’altra parte, si tratta di un’abitudine che ci dà la sensazione di mantenerci in continuo contatto con il mondo circostante e che ci fa credere quasi che 510.100.000 kmq di superficie terrestre possano essere compattati in uno schermo e tenuti in una mano. Probabilmente, è proprio la voglia di voler oltrepassare le distanze e di non avvertirle che induce a dedicare a tale universo quasi lo stesso tempo impiegato per appagare un bisogno primario per la sopravvivenza, quale il nutrirsi.
«Generalmente quando una piattaforma espande la sua base di utenti, il tempo medio speso si riduce, perché molte delle nuove persone non sono così attive», ha osservato Ken Sena, managing director e analista alla Evercore. Tuttavia, questo non è accaduto a Facebook, che, contando ben 1,65 miliardi di utenti mensilmente attivi, continua a registrare un aumento: se nel 2014 il tempo medio speso sulla piattaforma blu, su Instagram e su Messenger ammontava, infatti, a 40 minuti, oggi, secondo il NYT, è uguale a 50. Si tratta di una quantità di tempo eccezionale, se si considera che per bere e mangiare ne bastano mediamente 67 e che l’ufficio USA adibito alle statistiche del lavoro ha analizzato che ne dedichiamo molto meno alle attività di svago, come lettura (19), sport (17) o eventi sociali (4). I dati, ad ogni modo, non tengono conto dell’utilizzo di Whatsapp.
Adesso, il suddetto strumento atto alla rapida circolazione e condivisione di qualsiasi tipo di informazione espone anche, se non utilizzato con la giusta accortezza, a rischi che mettono a repentaglio la privacy del soggetto. A tal proposito, Facebook negli USA dovrà difendersi in tribunale per un’accusa, simile a quella contro Google dello scorso marzo, mossa da alcuni utenti dell’Illinois. I tentativi della compagnia di rigettare il caso sono risultati vani proprio qualche giorno fa, di fronte ad un tribunale californiano: per il giudice la compagnia deve rispondere anche al Biometric Information Privacy Act dell’Illinois, che proibisce la raccolta di dati biometrici. Contestato sarebbe, dunque, l’uso illecito (in quanto non autorizzato dall’utente) di particolari sistemi di riconoscimento facciale basati sulle distanze individuali di alcuni punti del viso, che servono a taggare più rapidamente chi viene, ad esempio, immortalato in una foto. Il problema non riguarda, però, l’Unione Europea, dove la funzione era già stata disabilitata nel 2012 per venire incontro alle riserve per la protezione dati della Commissione irlandese. Nonostante venga comunque rilevata la presenza di uno stesso soggetto in più foto, quindi, in territorio nostrano è sempre l’utente a dover fornire l’identificativo nel tag, seppur una volta sola e non dovendo ripetere l’operazione per ogni scatto postato contemporaneamente.
Inoltre, dal 10 maggio è disponibile anche in Europa l’app Facebook Moments che facilita la gestione delle foto in cui si è taggati. Fino al 10 gennaio, invero, era possibile far sì che le istantanee scattate dai dispositivi mobili venissero sincronizzate con il proprio account e, di conseguenza, automaticamente caricate semplicemente attivando o disattivando tale funzione dalle impostazioni. La nuova app, invece, sincronizza privatamente le proprie foto e quelle degli amici che sono state scattate nello stesso luogo e nello stesso momento, in modo da condividerle soltanto con chi ha preso parte allo stesso evento ed è interessato a conservarne il ricordo. Saranno contenti i selfie-dipendenti o i nostalgici collezionisti di ogni singola espressione, giacché non dovranno più spedire messaggi a conoscenti vari per farsi inviare gli scatti, magari sperando che siano venuti meglio di quelli realizzati con il proprio apparecchietto. Scaricabile su iOS e Android, Moments raggruppa ora le immagini in modo da rendere, inoltre, più celere e immediata la ricerca di tutti i momenti trascorsi insieme ad una determinata persona.
Tuttavia, Facebook Moments è arrivata in Europa sprovvista di alcune delle le funzionalità che si trovano nella versione statunitense. Anche in tal caso, pertanto, i garanti europei della privacy hanno bloccato alcune potenzialità della tecnologia a tutela degli utilizzator e Facebook, in una nota con cui annuncia la disponibilità dell’applicazione nel Vecchio Continente, scrive: «In Europa, “Moments” non utilizza il riconoscimento facciale ma una forma di riconoscimento di oggetti per raggruppare le foto che sembrano raffigurare la stessa persona, in base a caratteristiche come la distanza tra gli occhi e le orecchie»; dopodiché, il sistema chiede all’utente di dare facoltativamente al raggruppamento una private label.
L’idea di base consiste, insomma, in un aiuto a riordinare il passato e a riconoscere le persone, forse perché, per qualche motivo, non ne troviamo più il tempo.
Concetta Interdonato
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