C’è chi lo ha definito «tempio dei graffiti», «centro d’arte», chi lo ha descritto come «collage vivente di graffiti che ricoprono un magazzino, simile ad uno studio di un artista». Qualcuno, sicuramente, avrà già intuito ci si stia riferendo al famoso 5 Pointz, la vecchia palazzina del Queens che sulla sua facciata ospitava l’arte di numerosi writer. Il museo a cielo aperto, diventato nel frattempo attrazione turistica newyorkese, però, è stato demolito dal proprietario, provocando indignazione e proteste da parte degli street artist che avevano trovato casa alla loro creatività.
Nel 1993, era stato lo stesso Jerry Wolkoff a lasciare carta, o meglio parete, bianca alle emozioni dei graffitisti. Il clou della notorietà si ebbe quando, entrati nel 2000, Jonathan Cohen, più conosciuto sotto lo pseudonimo di Meres One, iniziò a guidare l’iniziativa. Molte, tra i segni impressi, sono le firme e i ritratti riprodotti (tra i primi ad esempio quello di Jam Master J), così come elevata è la quantità dello stupore che si provava nel trovarsi, inaspettatamente o meno, davanti a un’enorme tavolozza di colore nel bel mezzo di Long Island City.
Nel corso della metamorfosi della zona, Wolkoff ritenne di investire nuovamente in quel luogo ormai tanto apprezzato e popolato, con un nuovo progetto immobiliare. La volontà del proprietario degli edifici di Davis Street fu quella di costruire due moderni e lussuosi grattacieli nell’amato punto di ritrovo dei poeti urbani provenienti da ogni dove. Una notte di metà Novembre 2013, dunque, 49 murales furono imbiancati, accendendo lo sgomento degli autori che iniziarono una lunga battaglia legale. Tra i sostenitori della comprensibile reazione anche il noto Bansky.
A distanza di 4 anni dalla successiva demolizione, i fratelli Wolkoff sono stati condannati a pagare un risarcimento pari a 6,7 milioni di dollari a 21 artisti. Nonostante la non corrispondenza tra proprietà autoriale e materiale, infatti, il giudice di Brooklyn che si è occupato del caso, ha riconosciuto il valore artistico di ben 45 opere tra quelle cancellate. Il sito era diventato «un’attrazione turistica di primo piano». L’importanza della sentenza è data, dunque, dal garantire tutela ai graffiti in quanto considerati in tutto e per tutto forme d’arte. Sicuramente, come magra consolazione, dalla memoria di chi ha avuto la possibilità di goderne, non potranno mai essere cancellati.
Concetta Interdonato
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