In uscita su Netflix il 2 marzo, la seconda stagione di Incastrati con Ficarra e Picone (anche alla regia) torna a far parlare di sé. È chiaro l’intento da parte dell’Italia, con l’appoggio del colosso Netflix, di aprirsi a un modo di fare le serie più internazionale: guarda all’America, è chiaro, mantenendo quella filigrana tipica della penisola ma non riuscendo a pieno nel suo obiettivo.
I protagonisti, i tanto amati Salvo e Valentino – impossibile scegliere dei nomi diversi -, portano sempre con loro quella vena comica che li ha resi famosi: il solito Ficarra intransigente e il solito Picone svampito.
Come non citare il catanese Leo Gullotta, il palermitano Tony Sperandeo e il messinese Maurizio Marchetti. Altro nome siciliano è quello di Domenico Centamore.
La prima stagione si era chiusa con un colpo di scena: i due protagonisti investono il boss mafioso e si ritrovano puntati una pistola addosso dal suo scagnozzo.
I due, all’inizio della seconda stagione, sono così sequestrati nuovamente e costretti – oltre che nascondere ancora una volta tutto alle loro famiglie – a portare a termine gli ordini per conto del boss mafioso.
Fa da sfondo una Sicilia colorata, con il suo mare blu e con le sue terre aride esaltate attraverso la fotografia, forse un po’ troppo satura e troppo patinata. Questi colori accesi però operano anche sulla vena caricaturale e satirica dell’intera serie, con figure mafiose macchiettistiche portate all’estremo e non solo. Vi è infatti, come nella prima stagione, una costante seppur semplice critica nei confronti dello Stato e di tutte le sue incrinature: dalla mafia alla sanità, compresa la cattiva informazione dei telegiornali. Tuttavia, nel complesso la serie propone queste “frecciatine” in maniera blanda ed eccessivamente spalmata: da ciò ne deriva una risata che, tuttavia, lascia poco a chi la guarda.
Semplicemente ci troviamo di fronte ai classici Ficarra e Picone ma un po’ arrugginiti: i motivi di critica nella loro comicità ci sono sempre stati, ma in questo caso sembrano non osare, risultando così riduttivi. Ciò lo si vede anche in un ripetuto riferimento alla serialità imperante di piattaforme come la stessa Netflix.
Lo schema di questa seconda stagione di Incastrati ricalca quello della prima: nuovi “incastri” e nuovi equivoci vengono riproposti in ciascun episodio, rivelandosi gli unici motori della vicenda. A tratti sembra di rivedere i medesimi espedienti della stagione precedente, ora rimescolati e forse poco arditi. L’intreccio, tuttavia, sembrerebbe osare in qualche modo, incalzando il ritmo generale verso gli ultimi episodi. Tutto però delude per il semplice fatto di alternare, anche dal punto di vista tecnico, sequenze che effettivamente sperimentano e altre che sembrano veri e propri set pubblicitari.
Film come Il 7 e l’8 o La matassa ci avevano dimostrato le grandissime potenzialità del duo comico siciliano, con trame originali e che centravano dritto al punto. Questo cocktail letale di Netflix Italia saprà senza dubbio intrattenervi: le puntate, anche per la durata, volano e non pesano. Bisogna però dire come la prima stagione fosse certamente più riuscita.
Recuperate dunque Incastrati 2 e fatevi una risata con Ficarra e Picone, forse sottotono, ma senza aspettative e pretese.
Riccardo Bajardi
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