Grande rilevanza mediatica ha avuto nelle ultime settimane una pellicola cinematografica visibile al cinema da giovedì 7 novembre: “Il ragazzo dai pantaloni rosa”. Il film, ispirato all’omonimo libro, non è solo una storia proiettata sul grande schermo. Ma un forte messaggio contro una delle piaghe sociali più devastanti: il bullismo.
Il film, diretto da Margherita Ferri e scritta da Roberto Proia, è tratto da una storia vera. A comparire sul grande schermo è la vicenda di Andrea Spezzacatena, quindicenne di Roma che si tolse la vita il 20 novembre 2012. Da troppo tempo sopportava continui attacchi e insulti omofobi da parte dei compagni di scuola e, non potendo più sopportare la pressione di questi maltrattamenti, ha compiuto il gesto estremo. Sulla storia del piccolo Andrea, la madre, Teresa Manes, ha scritto un libro dal titolo “Il ragazzo dai pantaloni rosa”. Il film che ha destato grande scalpore negli ultimi giorni è ispirato proprio a questo libro.
Il titolo del libro e della sua trasposizione cinematografica è carico di significato. Il ragazzo dai pantaloni rosa è Andrea Spezzacatena: un ragazzo come tanti che si è convertito in un esempio per tutti i giovanissimi che vivono il suo stesso disagio. Aveva quindici anni, studiava al Liceo Scientifico Cavour di Roma. Aveva una famiglia normale, una vita normale e una carriera scolastica normale. Viveva i classici drammi giovanili che hanno contraddistinto l’adolescenza di chiunque. Aveva una migliore amica, Sara, e voleva diventare amico del ragazzo più popolare della scuola, Christian. Ma le cose non sono andate come previsto: Christian è stato tra i primi a maltrattare Andrea e ad affibbiargli il nomignolo che oggi troviamo come titolo del libro e del film.
A far sì che Andrea diventasse oggetto di scherno da parte dei compagni di scuola, sono stati un paio di pantaloni rosa stinti per errore dalla madre in lavatrice. Gli attacchi di bullismo e omofobia sono iniziati nella vita reale per poi proseguire anche sui social e nella vita virtuale. Tanto che alcuni dei suoi compagni hanno creato una pagina Facebook contro di lui intitolandola proprio “Il ragazzo dai pantaloni rosa”.
Il quindicenne non ha retto la pressione di questi maltrattamenti e ha scelto la via per lui più indolore. Si è tolto la vita, andandosene in silenzio, impiccandosi con una sciarpa. E la sua storia oggi viene raccontata per sensibilizzare i giovanissimi ed evitare che certe vicende possano ripetersi.
La giustizia non ha mai onorato la sua memoria: quando si svolsero i fatti, il tribunale chiuse il caso ed escluse il bullismo e il cyberbullismo come cause principali del suicidio di Andrea. Secondo i giudici, la tragedia avrebbe avuto altre motivazioni: un amore non corrisposto o la separazione dei genitori. Così, la famiglia ha metabolizzato il dolore della perdita consapevole che forse la verità di Andrea non sarebbe mai stata pienamente ascoltata.
Poi, però, la madre di Andrea ha deciso di rompere il silenzio. Solo dopo la morte del quindicenne, i suoi genitori hanno scoperto la verità: il figlio era vittima di bullismo e cyberbullismo e non è riuscito a sopportare la sensazione di inadeguatezza che lo teneva per mano ogni giorno. Entrando nel profilo Facebook del ragazzo, la mamma e il papà sono venuti a conoscenza della pagina creata contro di lui e di tutti gli insulti che erano stati sputati addosso al giovane.
Il padre non si è mai rassegnato alla perdita. La madre, dal canto suo, ha deciso di non rimanere in silenzio. In fin dei conti, la vita non le restituirà mai suo figlio, ma la sua storia può diventare un esempio per coloro i quali vivono lo stesso disagio che viveva Andrea prima di togliersi la vita. È così che Teresa Manes, madre di Andrea, ha deciso di raccontare la sua storia in un libro intitolato proprio “Il ragazzo dai pantaloni rosa”. Ciò che emerge subito dal libro è quanto la discriminazione fosse ingiusta e priva di fondamento, in quanto Andrea era un ragazzo genuino, educato e rispettoso.
Attorno al film si sono generati non pochi dibattiti e polemiche online. Durante l’anteprima del film alla Festa del Cinema di Roma, sono emersi dei comportamenti omofobi tra i ragazzi in sala. Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha voluto incontrare i ragazzi in questione. “La sofferenza della madre di Andrea potrebbe essere la sofferenza di vostra madre se a voi fosse capitato quanto successo ad Andrea” – ha detto il ministro – “Accogliere, rispettare, tendere la mano verso l’altro sono gesti che arricchiscono prima di tutto noi stessi, rendendoci persone migliori”.
I ragazzi hanno riconosciuto la gravità dei loro gesti e si sono impegnati a realizzare un video contro il bullismo, affinché questo terribile episodio diventi per loro un’occasione di presa di coscienza e crescita.
La pellicola, prima di uscire al cinema, è stata vista in anteprima in moltissime scuole italiane, da circa 60.000 studenti. Questa decisione è data dal fatto che i principali destinatari del film sono proprio i giovanissimi e le loro famiglie, affinché questi episodi di bullismo si estinguano per sempre.
In una scuola di Treviso, un gruppo di genitori si è opposto alla visione del film, che a detta loro avrebbe potuto avere un influsso negativo sui figli. Dopo aver rimandato la proiezione, le famiglie hanno parlato con i docenti che avevano già visionato il film e la polemica si è spenta. “La perplessità dei genitori c’era, ma si fidano della scuola. Quindi, hanno chiesto ai docenti di vagliare personalmente il progetto didattico per quell’occasione. Così è stato fatto”, ha detto la preside dell’istituto di Treviso.
La madre di Andrea è compiaciuta dal successo che il film sta registrando. “Non potevo desiderare più di questo” – ha detto – “finalmente la storia di mio figlio la stanno conoscendo tutti e può diventare un esempio e un monito per i ragazzi con cui parlo ormai da anni e a cui rammento che la vita è un dono meraviglioso e vale sempre la pena di essere vissuta”.
A emozionare gli utenti sui social sono state le parole di Claudia Pandolfi, che nel film interpreta proprio la madre di Andrea. L’attrice ha pubblicato un video in cui, tra le lacrime, parla di tutti coloro che l’hanno contattata per raccontarle le loro storie. Storie di discriminazione, bullismo, omofobia, maltrattamento. Le sue lacrime sono un po’ anche le nostre: d’altronde il film ci mette con violenza di fronte a una durissima verità. Il mondo che ci circonda è crudele e non è sempre facile trovare in noi stessi la forza per affrontare il confronto con gli altri.
Il successo del film è quindi perfettamente spiegabile. Non è solo la storia di un caso isolato, quale quello di Andrea. È un racconto che richiama una coscienza collettiva che spesso, di fronte alla discriminazione, si volta dalla parte opposta, mostrandosi distratta. È un richiamo, un rimprovero, oltre che un invito a denunciare prontamente atti di bullismo e attacchi omofobi.
Fonte foto in evidenza: napoli.repubblica.it
Valeria Mangiarratti
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