CATANIA – «L’arte non deve essere soltanto rinchiusa all’interno degli spazi espositivi o soltanto patrimonio delle strutture museali, ma deve diventare percepibile dal mondo che ne può usufruire; il mondo di tutti, dei giovani, di coloro che transitano per i luoghi, facendo diventare un grande museo all’aria aperta la bellezza dei panorami in cui queste manifestazione si realizzano». Queste sono le parole del professor Emmanuele F. M. Emanuele, Presidente della Fondazione Terzo Pilastro a proposito della realizzazione del più grande murales del mondo e al tempo stesso il più intrigante sguardo sul mare che sia mai stato dipinto.
L’opera è stata realizzata da Alexandre Farto, in arte Vhils, artista portoghese nato e cresciuto a Lisbona che ha regalato al porto di Catania un’opera permanente, alta quanto un palazzo di dieci piani e larga quanto un campo di calcio. Singolare inoltre, la tela: essa infatti è costituita dagli otto silos granari in cemento che dal 1960 fanno parte della skyline della città catanese. «Io credo che l’arte sia lo strumento primo per far abbattere le barriere sociali, per far umanizzare la vita, per fare soprattutto abbattere gli steccati che si frappongono tra le concezioni religiosi e, perché no, anche le identità etniche. L‘arte è il veicolo perché tutto questo può accadere e questa forma espressiva diffusa, non più rinchiusa in spazi che qualche volta allontanano anziché chiamare, penso che sia lo strumento adeguato al nostro tempo», ha commentato il presidente della Fondazione.
A fornire il supporto è stato l’assessorato comunale alla Bellezza Condivisa e l’associazione Emergence. L’opera raffigura un uomo che guarda il mare e, grazie al suo sguardo, accoglierà chi arriva in città navigandolo. I suoi occhi attraversano il Mediterraneo e guarda ad Oriente, abbraccia la Grecia, Cipro, la Turchia, l’Egitto, la Siria, la Giordania, Israele, il Libano e tutte le terre da dove sono partiti i popoli che hanno fatto la Sicilia.
Chiara Grasso
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