Guardiani della Galassia vol. 3 è la conclusione di un viaggio iniziato ormai nel 2014 e che da quel momento ha reso un gruppo di ladri e reietti, sconosciuti agli occhi del grande pubblico, tra i più amati personaggi del Marvel Cinematic Universe.
James Gunn ci confeziona un film pieno di calore, di colori, divertente e irriverente come gli altri due capitoli, ma anche molto emozionale, complice una recitazione nettamente superiore a quella degli altri due film e a uno sviluppo dei personaggi e approfondimento delle loro storie che solo Gunn ci avrebbe potuto regalare. Tra l’altro, questo sarà l’ultimo film di James Gunn all’interno del Marvel Cinematic Universe, dato che ora è passato in casa DC per la regia del prossimo “Superman Legacy”.
Guardiani della Galassia vol.3 del Marvel Cinematic Universe è una gioia per gli occhi, con colori e ambientazioni meravigliose e un uso di effetti speciali estremamente curati, tra computer grafica, effetti pratici, trucchi e circa 22.500 pezzi di prostetiche (che gli hanno fatto aggiudicare il record per il maggior numero di prostetiche utilizzate in un film, scalzando dal podio “il Grinch” del 2000). Ancora più bello dell’aspetto tecnico è sicuramente l’aspetto registico e narrativo del film. Gunn ha messo veramente tutta la sua abilità e amore per realizzare questo film e si vede, risultando in una storia emozionante e sapientemente costruita. Tutto è a servizio della storia: dalla computer grafica alle scene d’azione (con un piano sequenza da brividi), alla sempre presente colonna sonora, composta da brani anni ’90 e 2000, che non servono solo da sottofondo, ma che sono ottimamente integrate per accompagnare le emozioni dei personaggi con la loro musica e le loro parole, sin dall’inizio del film.
Guardiani della galassia vol. 3 fa girare la cinepresa attorno a Rocket, che a detta dello stesso Gunn è stato il protagonista segreto di tutti i film sui guardiani. Uno dei temi portanti del film è la distorta morale che sta dietro la ricerca della perfezione, portata avanti dall’Alto Evoluzionario (interpretato da Chukwudi Iwuji), un’antagonista dalla mente malata, intento a creare la società perfetta. Questo villain si rivela il pretesto migliore per indagare, non tanto sulla perfezione dei protagonisti, bensì sulla loro inadeguatezza e imperfezione.
Partendo dalle origini imperfette e drammatiche di Rocket, Gunn indaga sulla vera natura degli altri membri dei Guardiani. Ci parla di cosa rende Drax molto di più di un distruttore ingenuo, di cosa si cela dietro la freddezza di Nebula, della ricerca da parte di Peter di una famiglia, del complesso rapporto di Mantis con i suoi poteri e del suo senso di inadeguatezza e ci concede infine gli strumenti per sentirci più vicini a Groot.
Insomma, Gunn non si limita a raccontare una storia di supereroi, piuttosto la storia di una famiglia di reietti, di diversi, dedicando il film proprio a tutti quelli che si sentono come loro, che non si vogliono conformare e adeguare a inutili sogni di perfezione, che ora più che mai vengono spacciati sui social, ma che vogliono cercare il loro posto nel mondo e vogliono essere nient’altro che loro stessi.
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