Dopo le atmosfere magiche e retrò di Magic in the Moonlight, Woody Allen firma il proprio 45° film, ritornando al presente – a un presente in cui il rapporto dell’essere umano con la propria esistenza, nonostante possa manifestarsi in maniere differenti nel corso degli anni, resta fondamentalmente uguale. La storia di Irrational Man ruota intorno alla figura di Abe Lucas (interpretato da Joaquin Phoenix), un affascinante professore di filosofia, insoddisfatto cronico dell’esistenza. Durante il suo nuovo incarico in un campus, il suo destino incrocerà quello di due donne: si tratta di Rita Richards (Parker Posey), sua coetanea e collega, che vede nella figura di Abe il proprio riscatto sessuale da un matrimonio monotono e insoddisfacente, e quello della studentessa Jill Pollard (Emma Stone), una giovane affascinante e fidanzata, dalla mente brillante e con l’istinto da crocerossina.
«La logica è sì incrollabile, ma non resiste a un uomo che vuole vivere», scriveva Franz Kafka, uno tra i maggiori intellettuali del Novecento, ed Abe Lucas segue questo pensiero alla lettera: sfida la logica, anzi, la razionalità, e si trasforma in un ritratto dell’irrazionalità, come annunciato dal titolp. Tuttavia, programmare ogni minimo dettaglio in maniera irrazionale pur di ritornare a vivere con tranquillità non è così semplice, soprattutto se esiste il pericolo di scontrarsi con la realtà e con i pensieri di qualcun altro, perché ciò può far saltare ogni piano. Essere irrazionali è un vero e proprio paradosso, quindi, dal momento che si deve comunque usare la ragione per riuscire ad andare contro quest’ultima. D’altronde, chi lo conosce sa bene che Woody Allen va da sempre d’accordo con i paradossi e con complicazioni del genere: anche in Match Point, film del 2005 e prequel ideale di Irrational Man, Chris Wilton (Jonathan Rhys-Meyers) era un personaggio estremamente introverso, che non aveva una percezione diretta del mondo esterno ma che, come Abe Lucas, decideva di sfidarne la logica con delle conseguenze non irrilevanti.
Irrational Man è, dunque, una sorta di “thriller filosofico”, con una trama di fatti ben definita e pratica di azione, nella quale però il giallo è solo un mezzo e non un fine: serve per far riflettere gli spettatori sul senso dell’esistenza e della morte, su quanto l’uomo possa essere cinico e sfidare alcuni saldi principi morali pur di ridiventare sereno. L’emblema di tale situazione umana è un dialogo in cui lo stesso Lucas, citando Kant, descrive quanto l’idea del pensatore tedesco di un mondo perfetto dove la bugia non esiste sia un’utopia distante dalla realtà, dove invece sono presenti eccome odio e cattiveria. Irrational Man, accompagnato per tutta la sua durata da un blues allegro che sottolinea e stempera anche le sequenze più drammatiche, risulta perciò essere dall’inizio alla fine una pellicola ricca, fertile di idee e di riflessioni.
Alessandra Munafò
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