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Beverley e Maurice Laroche, ultimo baluardo dei cinema a luci rosse a Parigi
14 Novembre 2015
EntertainmentCittà

Beverley e Maurice Laroche, ultimo baluardo dei cinema a luci rosse a Parigi

Home » Entertainment » Beverley e Maurice Laroche, ultimo baluardo dei cinema a luci rosse a Parigi

BeverleyPARIGI – Il Beverley è un cinema di Parigi: qui, tra locandine di film e stampe di vecchia data, salta all’occhio una vignetta firmata Luz. Lo stesso disegnatore baffuto che scampò all’attentato di Charlie Hebdo, infatti, dedicò nel 2014 una striscia al proprietario di questa piccolo cinema locato nel centro di Parigi: monsieur Maurice Laroche. Questo vecchietto, a settant’anni più che passati, gestisce da trent’anni l’ultimo cinema erotico di tutta la capitale francese (e uno degli ultimi in Europa).  L’unica cosa ad essere arrivata sono i capelli bianchi per il sig. Laroche: infatti, contro ogni sorta di formato digitale, al Beverley si proiettano pellicole in 35 mm. 

Il luogo dista esattamente trecento passi dal centro: n. 14 di Rue de la Ville Neuve, non troppo lontano dalla movida parigina. Come in ogni bacino di erotismo che si rispetti, i frequentanti camminano a sguardo basso e a passo svelto, spediti verso l’insegna al neon rosa. Uomini di ogni età, il giovedì pomeriggio, appesantiscono l’aria e affollano la sala, dopo aver salito quei pochi scalini che li separano dalla loro metà. Lo scorrere del tempo, qui, è dettato dal ticchettio della pellicola che si fonde, quasi come in un tramonto, con le luci rosse della sala (più che adeguate al clima in questione). Dietro alla cassa in legno ovviamente c’è monsieur Laroche, pronto a schiacciare la macchina per editare i piccoli biglietti arancioni del suo cinema. Dodici ore di visione costano dodici euro: l’entrata e l’uscita è totalmente libera.

Beverley
La sala si riempie al completo solo alle 17: «È l’ora di punta dalle 15 alle 18 qui è sold out» informa Maurice. Le donne sono rare, mentre gli uomini sono più che copiosi: dall’impiegato al ragazzino curioso passando per il tipico anziano a cui si lascerebbe il posto in autobus alla sola vista. Essa è la Costantinopoli del porno vintage. Al Beverley si proiettano rigorosamente film timbrati anni ’60, ’70 e ’80, i titoli non lasciano nessun scanso di equivoci. «I paganti qui vengono per ritagliarsi un momento di intimità lontano dagli sguardi di mogli e compagne, per rilassarsi e per fare nuovi incontri» spiega il proprietario.

«I nostri spettatori si commuovono facilmente», scherza Maurice sul fatto che nel suo cinema, invece dei pop corn, si vendono fazzoletti di carta. La sala, comunque, è aperta alle coppie il giovedì e il sabato sera. Qualche donna, alla fine, si vede: per lo più si tratta di turiste che oltre alla Torre Eiffel e alla Senna vogliono vedere anche «l’impero del piacere» (così lo definisce il suddetto). Aggiunge, poi, secondo quanto riporta Repubblica: «Molti spettatori seguono il porno anche a casa, per altri venire qui è coltivare il giardino segreto di ogni uomo, lontano dagli sguardi severi delle loro madame. Venti anni fa c’è stato un boom di spettatori: oggi ne abbiamo la metà. Tra il nostro pubblico ci sono persone che vengono tutti i giorni, o almeno cinque volte a settimana, e c’è una consistente realtà omosessuale e bisessuale».

 BeverleyGettando uno sguardo al passato della costruzione in questione si giunge agli anni ’50: prima di essere il Beverley, la sala era denominata “Bikini” e proiettava film tradizionali. Con l’avvento dei grandi cinema, si è passato dal tradizionalismo al western, e infine al porno: questione di 20 anni. «Mi piace l’idea che un giovane possa scoprire la magia di una delle mie trecento bobine. Sono mondi nuovi per i più giovani, film fatti di regia, sceneggiatura, belle immagini e colori. Insomma, c’è una storia oltre il porno. Oggi non si fanno più film porno per il cinema, questi erano film per il cinema. Non c’erano solo coppie in una stanza, c’era di più anche a livello tecnico», sostiene Maurice.

Ma come fa Maurice a restare ancora attivo vista la spietata concorrenza del porno digitale e delle grandi piattaforme pornografiche come PornHub o Brazzers? «Ho nostalgia all’idea che tutta una generazione non conoscerà mai questi film e si avvicinerà al porno solo attraverso il telefono cellulare o il computer. Alla mia epoca il porno era vietato fino a 18 anni, oggi tutti possono vederne uno. È qualcosa che contamina l’immaginario. Il nostro si è formato anche attraverso la letteratura e non solamente attraverso le immagini», sospira monsieur Laroche. Cantano Bersani e Pacifico «una storia che non conosci, non è mai di seconda mano», ma quanti conoscono questa storia nonostante sia passata da più mani?

Francesco Raguni

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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