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Avatar 2: il nuovo film boicottato a causa di un’intervista di James Cameron
27 Dicembre 2022
GossipTubo catodicoEntertainmentSettima arteSocietasAttualità

Avatar 2: il nuovo film boicottato a causa di un’intervista di James Cameron

Home » Societas » Gossip » Avatar 2: il nuovo film boicottato a causa di un’intervista di James Cameron

Dopo 13 anni, James Cameron ci riporta su Pandora. Il nuovo film, ‘Avatar: la via dell’acqua’, in una settimana ha incassato 600milioni di dollari a livello globale. Il regista, fiducioso, punta ai 2miliardi per avvicinarsi, quindi, al primo capitolo:  il film col maggior numero di incassi nella storia del cinema. A causa di un’intervista rilasciata da Cameron nel 2010, il raggiungimento di questo traguardo è a rischio dato il boicottaggio in atto sui social.

Avatar: la via della gogna mediatica

Avatar, il blockbuster di James Cameron, è passato alla storia per aver incassato a livello globale 2,9 miliardi di dollari. Il regista aveva già raggiunto il podio grazie all’indimenticabile Titanic, attualmente in terza posizione dietro Avengers: Endgame. Il tanto atteso sequel, Avatar: la via dell’acqua, è finalmente nelle sale cinematografiche e per Cameron la corsa ai 2miliardi è iniziata. La vera sfida per la nuova pellicola, però, è costituita da un boicottaggio in atto sui social dopo che un’intervista del regista risalente al 2010 è stata riesumata.

Le origini di Avatar

Quando Avatar uscì al cinema, James Cameron si schierò pubblicamente contro il progetto della diga idroelettrica di Belo Monte, che costrinse gli indigeni della Amazzonia a lasciare le loro terre. Per questo motivo, il Guardian decise di dedicarvi un articolo. In esso, il regista confessa che, grazie al tempo trascorso con le tribù indigene, ebbe modo di riflettere sulla violenza a danno dei nativi americani per mano dei colonizzatori. È proprio la loro storia, secondo quanto ammesso dal regista, ad aver ispirato Avatar.

Le parole di James Cameron

“Mi sono sentito come se fossi tornato indietro nel tempo di 130 anni e avessi visto ciò che i Lakota Sioux avrebbero potuto dire in un momento in cui venivano cacciati, uccisi e veniva chiesto loro di lasciare le loro terre mentre gli veniva offerta una qualche forma di risarcimento. Questa è stata una forza trainante per me nella scrittura di Avatar. Non ho potuto fare a meno di pensare che se all’epoca i Lakota Sioux avessero avuto una finestra temporale e avessero potuto guardare al futuro, ai suicidi dei loro figli, la cui comunità ha i più alti tassi di suicidi della nazione poiché si sente senza speranza e senza via di fuga, avrebbero combattuto molto più duramente”.

La gogna mediatica a cui ora sono sottoposti Cameron e il suo lavoro nasce proprio da queste dichiarazioni. Sebbene le parole del regista non avessero l’intenzione di essere offensive, sono state interpretate da molti come un modo di sminuire la storia dei nativi americani. In particolare, sembra che l’ultima parte del suo discorso attribuisca una sorta di responsabilità ai nativi che non hanno combattuto abbastanza duramente i colonizzatori.

Troppi bianchi tra i Na’vi e il fenomeno “blueface”

Le critiche dirette a James Cameron non sono dovute solo alle dichiarazioni del 2010. Si ritiene, infatti, che il regista abbia offerto principalmente ad attori caucasici i ruoli di personaggi ispirati ai nativi americani e alle altre tribù indigene. A tal proposito, è stato coniato il termine blueface. Tale termine indica quando un autore caucasico “si appropria” di culture diverse dalla propria per creare un mondo di finzione i cui personaggi sono interpretati da bianchi.

Per queste ragioni, tramite Twitter e TikTok, persone appartenenti a comunità dei nativi americani e non solo invitano a non andare a vedere Avatar: la via dell’acqua, cercando dunque di boicottarlo.

L’etnia in Avatar è un problema?

È giusto spezzare una lancia a favore di James Cameron, almeno per quanto riguarda le scelte di casting.

Non solo bianchi nei film di ‘Avatar’

Sebbene il protagonista, Jake Sully, sia interpretato dall’attore australiano Sam Worthington, il ruolo di Neytiri, coprotagonista, è già dal primo capitolo affidato a Zoe Saldana.

Allo stesso modo, i personaggi più di rilievo del clan degli Omatikaya, centrali soprattutto nel primo film, sono interpretati da attori non-bianchi. Mo’at, la sciamana e madre di Neytiri, è interpretata da CCH Pounder. Wes Studi, cherokee, veste i panni dell’Eytucan mentre il promesso di Neytiri, Tsu’tey, è interpretato da Laz Alonso. Inoltre, tra i personaggi principali della prima pellicola vi è anche l’attrice latina Michelle Rodriguez nel ruolo di Trudy.

Anche in Avatar 2 troviamo tra i protagonisti attori non bianchi. Cliff Curtis è il capoclan dei Metkayina, Na’vi del mare. I ruoli dei suoi figli, Aonung e Tsireya, sono affidati rispettivamente a Filip Geljo e Bailey Bass. Infine, tra i figli di Neytiri e Jake vi è Trinity Bliss nel ruolo di Tuktirey. Insomma, la diversità  in Avatar non manca.

Qual è allora il vero problema? Per molte persone, apparentemente, è difficile godersi un prodotto multimediale se non si spuntano le caselle di tutte le minoranze. Si dimentica, inoltre, che la cultura non è qualcosa di cui ci si appropria ma che si condivide, come dimostrato dalla Sirenetta di colore e Biancaneve latina.

Quindi, perché dovrebbe essere un problema seguire James Cameron al cinema e tornare su Pandora con i suoi Na’vi?

Ludovica Augugliaro

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