MESSINA – Nell’ultimo lembo di terra della Sicilia del nord-orientale, grazie a un bando del progetto Distrart (Distretti d’arte urbana) le pensiline di un tram, presente oggi, ma assente negli anni ’90, sono state decorate dai murales di diversi street artist messinesi: Vanflowers, Nicolò Amato, Cinzia Muscolino, Maria Rando, MaCa, Anc e Boki, Kuma e così via dicendo. Sarebbe davvero difficile nominarli tutti, uno per uno. Naturalmente, non tutti sono passati alla selezione di Distrart. I vincitori, comunque, che siano dei “solisti” o dei “gruppi”, sono stati chiamati a rielaborare su quelle fermate miti come la storia di Colapesce, ovvero delle correnti (o mostri dello stretto che dir si voglia) Scilla e Cariddi.
Secondo quanto riporta internazionale.it, le loro opere affermano, come il più delle volte l’arte, lo spirito del popolo messinese. E se Delacroix, che non ha potuto combattere per la patria, ha dipinto per lei, gli street art messinesi hanno scelto di dare una propria identità alla loro città, ripartendo dalle radici. Il terremoto del 1908 (il più distruttivo dei tanti che hanno afflitto la suddetta) ha distrutto la Palazzata neoclassica, la linea costante di edifici pensata dall’architetto Giacomo Minutoli (che peraltro sostituì la Palazzata barocca, distrutta dal terremoto del 1793). Resta solo il lungomare: poco, troppo poco per delineare i lineamenti storici e culturali di Messina. I murales danno acqua alle radici di quell’albero che è Messina.
Pensiline e non solo: sono stati decorati persino muri interi con meravigliosi graffiti. Tuttavia le immagini non narrano solo fatti surrealmente accaduti, bensì anche vicende realizzatesi davvero, per esempio le tragedie del Mediterraneo, dato che anch’essi ora sono pezzi di storia. Dietro quanto appena detto vi sono anche aspre critiche verso il sindaco di Messina, Renato Accorinti, e all’assessore alla cultura, Tonino Perna. La street art diventa, così, la famiglia adottiva di un posto qualsiasi abbandonato dalle istituzioni. Ma i problemi sono tanti: è giusto che sia l’arte a primeggiare nell’ambito dei progetti cittadini? Pochi mesi fa furono commissionati altri murales, da eseguire nella zona del mercato ittico. Naturalmente si scatenarono non poche polemiche: Accorinti se ne uscì spiegando come i fondi dell’Unione Europea utilizzati per pagare gli artisti facessero capo a un bando pubblico, a cui il comune partecipò prima dell’elezione del suddetto, cioè nel 2010.
A far parlare troppo di sé e mandare in escandescenza alcune «comari d’un paesino» (e non) è stato il murales dedicato a Samia, l’atleta somala morta al largo di Lampedusa sognando le Olimpiadi di Londra. L’opera, firmata Nemo’s, racconta l’abbraccio mortale che il Mediterraneo dà ai migranti, con le valige piene di speranza, che ogni giorno si mettono in mare per scappare dalla loro prima vita ed iniziarne una seconda. Tuttavia, invece di notare un uomo triste, steso ad asciugare al sole, morto, dopo esser annegato in quel mare che doveva portarlo in una nuova terra, è stato notato soltanto il fattore nudità: il pene del soggetto dipinto potrebbe urtare la morale pubblica, disturbare i bambini e violare le norme di buon costume. Tali paure sono state egregiamente prese in giro da Cafon street, geniale autoproduzione animata della Uollascomix di Marcello Crispino, andata in onda su YouTube e spopolata nella città. Comunque, oltre al mercato marittimo, sono stati tinti di storie anche il vecchio mercato e il parcheggio Cavallotti.
Ma com’è nato tutto questo? Certamente con la venuta in città di Blu, artista marchigiano, che rimasto per 7 giorni nella cittadina siciliana. Egli ha voluto realizzare un murales sull’ex Teatro Pinelli occupato, ormai in rovina, e non solo. Purtroppo, oggi quel dipinto è stato rovinato da scritte superflue e vandaliche. L’opera di Blu racchiude un sacco di significati: vi è infatti un pescespada che infilza i simboli del cattolicesimo, i telefonini e la televisione, il denaro. È con lui che i primi “ex” luoghi sono stati adottati dagli street artist.
Diceva Samuel Taylor Coleridge, poeta inglese vissuto tra il 1700 e il 1800, che «l’Arte, intendendo il termine per indicare collettivamente pittura, scultura, architettura e musica, è la mediatrice e riconciliatrice di natura e uomo. È dunque il potere di umanizzare la natura, di infondere i pensieri e le passioni dell’uomo in tutto ciò che è l’oggetto della sua contemplazione». A Messina, l’arte (di strada) diviene proprio il mondo di infondere i pensieri dei messinesi in merito all’oggetto del loro contemplare: il mare.
Francesco Raguni
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