CATANIA – Solita verve da comico navigato, forse, però, con lo spontaneo e trascinante carisma dell’amicone di famiglia simpaticunazzu che capeggia una serata raccontando le proprie storie, Gino Astorina, noto attore comico della Compagnia Il Gatto Blu ha presentato mercoledì scorso, all’Herborarium Museum, la sua prima opera libraria: Basta che non sudi.
Un titolo chiarissimo per chi conosce il repertorio del comico catanese e facilmente immaginabile se si è stati bambini e si è chiesto il permesso ai propri genitori di andare a giocare a pallone con i propri amici del quartiere. Di altro non si tratta che di una raccolta di racconti disposti in ordine alfabetico, per raccontare episodi di una Catania in trasformazione sia con gli occhi di un bambino curioso, cresciuto felicemente in una famiglia degli anni ’60, sia con gli occhi di un genitore disilluso dei tempi odierni. Il tutto alternando un linguaggio a metà tra italiano e siculo catanese, con addirittura un piccolo glossario per i lettori meno pratici.
La presentazione, all’interno della piccola ma accogliente sala da té, si è svolta in maniera inusuale, come una chiaccherata tra amici che si scambiano esperienze di vita. Sono intervenuti l’editore Giuseppe Pennisi e il Professore Tino Vittorio che si è occupato di scrivere la prefazione e si è preso in giro per la maniera perifrastica di presentare un libro che non nasconde, per stessa ammissione del suo autore, il suo carattere prettamente popolare. Di lui ha detto: «Gino Astorina è la confutazione dell’aristotelismo comico ed è anche la trasformazione della marginalità in eccentricità, la commutazione della tragedia del disviversi periferico girata in comicità, la sublimazione dell’ingenuità inerme volta in superiorità morale e intellettuale, il cerebralismo pirandelliano rinfrescato e risorto dal “candore” di Martoglio».
Astorina, invece, nei suoi nuovi panni di autore, ha catalizzato la scena, parlando per due ore non solo del suo libro, non solo dei suoi racconti, ma anche della Catania di oggi, spesso facendo confronti con la “sua” Catania vissuta da bambino, in cui le famiglie si guardavano negli occhi e vivevano la propria città forse amandola, forse odiandola, ma nella piena consapevolezza della sua esistenza, fattore che oggi – a detta sua – stenta ad essere presente.
Alberto Abate
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