L’uomo che ha commesso il suicidio, ritenuto fragile dall’avocato, lavorava per l’Atm.
Si trovava nel carcere di Vigevano, città della Lomellina, per una rapina da 55 euro (restituiti con l’aggiunta di risarcimento) quando l’uomo ha consumato l’atto. Si tratta nel nono suicidio nelle carceri italiane dal 1° gennaio 2025 e del secondo, nell’arco di mesi, dopo quello avvenuto nel 7 ottobre 2024 presso lo stesso carcere. La vittima, Salvatore Rosano, era un dipendente dell’Atm di Milano. Di 55 anni, si era trasferiti in Lombardia dalla Calabria qualche anno fa.
L’avvocato, che lo aveva definito fragile, aveva cercato di aiutare il cliente facendo richiesta per un provvedimento alternativo e il rilascio sotto custodia dei servizi sociali, ma il magistrato aveva archiviato temporaneamente la domanda in attesa di una relazione sulla detenzione dell’uomo in carcere. Sfortunatamente, il tempo è scaduto.
Dopo che l’uomo si è impiccato nella sua cella, secondo Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria, è stato subito assistito e portato in ospedale, ma era già troppo tardi. “Il tanto sbandierato decreto carceri (infaustamente definito svuota-carceri), palesemente, non ha prodotto alcun effetto tangibile e ora si scopre pure che la declamata possibilità d’ampliare il ricorso alle misure alternative, anche con l’introduzione dell’albo delle comunità, se e quando andrà in esecuzione, potrà interessare al massimo 206 detenuti all’anno” afferma De Fazio “A fronte di un sovraffollamento in costante crescita e che fa già segnare 16mila ristretti oltre i posti disponibili, è come discutere del sesso degli angeli. Analogamente, le ripetutamente propagandate assunzioni nel corpo di polizia penitenziaria, al cui reale fabbisogno mancano più di 18mila agenti, bastano a malapena a coprire il turn over, mentre nel contempo si ampliano i contingenti impiegati al di fuori delle strutture penitenziarie e in uffici ministeriali”
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