CATANIA – Una città malata è una città che non riesce ad alzarsi dal letto del torpore per rispondere alle esigenze dei propri cittadini. Una città malata non offre ospitalità e soggiorno agli stranierei. Una città malata ruba il denaro dalle tasche dei cittadini onesti per regalarlo a quelli disonesti e criminali. Una città malata è Catania. Si potrebbe dire che la colpa del cancro che grava sul centro urbano sia attribuibile alle continue e ripetute amministrazioni comunali che, dal dopoguerra fino ai giorni nostri, non hanno saputo risollevare le sorti del capoluogo etneo. Nell’anno e mezzo d’inchieste svolte da VdC, la redazione si è imbattuta in prostituzione al centro, degrado dilagante in parchi considerati (indebitamente, date le condizioni) Patrimonio dell’Unesco, appalti mai portati a termine a causa di note frodi speculative e dunque “buchi” nel tessuto stradario ed edile della città, abuso di potere da parte di compagnie che controllano la (non) moltitudine dei posti auto disponibili e di cui lo Stato è garante, non curanza delle piccole e medie imprese che stanno fallendo come conseguenza dell’apertura degli ormai infiniti centri commerciali (Catania ne ha quasi quanti New York, seppur il numero di abitanti sia “considerevolmente” minore), spiagge e luoghi turistici lasciati allo sbando, cassonetti bruciati in più quartieri molto frequentemente e senza alcun intervento, sistemi ferroviari e di trasporto in tilt e, per ultimo, controllo del territorio da parte di organizzazioni a delinquere in cui alla base e non al vertice, come manovalanza – non per essere razzisti – stanno gran parte degli extracomunitari sbarcati in Sicilia.
Ciò che più potrebbe rattristare un catanese è che non si tratta di illazioni, altresì di problemi reali come documentano i nostri numeri, le foto, i reportage, i video, gli articoli e le interviste; si ha a che fare, purtroppo, con situazioni concrete che affliggono Catania e la soffocano. Anche a voler essere ottimisti, il quadro che esce fuori da quanto è stato scoperto durante le nostre inchieste è molto critico e quasi strozza sul nascere ogni sentimento di speranza e riqualifica possibile della città. Nonostante i nostri ripetuti appelli, e quelli delle altre coraggiose associazioni esistenti in questa città, nei confronti delle Forze dell’ordine e dell’Amministrazione Comunale, poche, troppo poche, sono state le risposte; come se si celasse la paura di toccare interessi intoccabili. Qui nessuno vuole fare il moralizzatore, perché la “scalinata” verso il rango di metropoli civile ha tanti gradini logori, tante rampe da percorrere, tante ferite da cicatrizzare; infatti a Catania bisogna capire che la situazione impone una cura drastica, l’uso d’un veleno contro il veleno, in quanto presto potrebbe essere troppo tardi e la città, insieme ai suoi cittadini, così rischia di esalare l’ultimo respiro d’una malattia divenuta quotidiana accettazione del male.
Alberto Molino
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Fondatore di Voci di Città, ex direttore responsabile dello stesso, ora cura la rubrica di tecnologia di NewSicilia, ha lavorato al Quotidiano di Sicilia, ha collaborato con Sicilia Journal, ha pubblicato un romanzo e un racconto, ha 26 anni ed è laureato in Scienze della Comunicazione. Quando ne aveva 18 ha vinto un premio nazionale per avere diretto il migliore giornalino scolastico del Paese. Definito da alcuni fascista e da altri comunista, il suo vero orientamento politico non è mai stato svelato, ma una cosa è certa: Molino non lo ferma nessuno, tranne forse la sua ragazza.