BOLOGNA ‒ Quando si arriva per la prova volta a Bologna, si fatica a credere che sia davvero tutta così. All’ombra dei suoi innumerevoli portici, si può quasi avere l’impressione di star dentro un labirinto. Nel solo centro storico, queste strutture si stendono per circa 40 km. L’idea di questa costruzione architettonica cominciò ad essere concepita all’inizio del Primo Millennio – la prima testimonianza risale al 1041 – ed è legata a due principali fattori: una generale immigrazione del contado verso il centro della città, e la notevole affluenza di studenti che, da ogni parte d’Italia e non solo, vi si trasferivano per intraprendere i loro studi universitari. Per provvedere alla collocazione di una tale e rapida presenza di gente, si cominciò ad aggiungere degli sporti in legno ai prospetti delle abitazioni, sostenuti da travi portanti, così da ampliare la superficie delle case. A causa della precarietà di queste architetture si passò, poco dopo, alla costruzione di colonne portanti dal suolo, ivi i portici. Tuttavia, il vero incremento si ebbe a partire dal 1288 quando il Comune emanò uno statuto che prevedeva la costruzione di tutte le case con il portico in muratura – quelle già esistenti e prive avrebbero dovuto provvedere. I portici sono un emblema talmente suggestivo e singolare della città da essere stati candidati come patrimonio dell’umanità UNESCO nel 2006.
Nella moltitudine, il portico che conduce a San Luca è, addirittura, il più lungo del mondo con i suoi 3796 metri e le sue 666 arcate. Dall’Arco Bonaccorsi, attraverso Porta Saragozza, conduce alla cima del Colle di Guardia, nonché sede del Santuario della Madonna di S. Luca (altro importantissimo simbolo bolognese). La sua origine, peraltro, sembra essere legata proprio a motivi religiosi. Ogni anno, fin dai tempi più antichi, nel mese di maggio i fedeli usano portare in processione l’icona della Madonna di S. Luca fino al centro storico. Secondo la tradizione, intorno alla metà del Quattrocento irruppe a Bologna una primavera estremamente piovosa, tanto che danneggiò i raccolti. Ma quando la Madonna giunse al centro della città, improvvisamente smise di piovere; da lì l’idea di un lungo portico che avrebbe protetto la sacra processione. Sempre secondo gli antichi racconti, sembrerebbe che le arcate non siano 666 per una pura casualità: la cifra alluderebbe, da un lato, all’idea del portico-serpente, per via della lunghezza e della forma, dall’altro, evidenzierebbe il suo valore ultraterreno attraverso la metafora della Madonna che sovrasta il Diavolo sconfitto.
Al di là dell’aspetto architettonico-urbanistico della città felsinea, il portico assume una funziona vitale nei confronti degli abitanti che ospita. La maggior parte di essi sono di proprietà privata, ma ad uso pubblico poiché vige una concezione della vita all’aperto, un invito a trovare con la città una comunione, dunque un’identificazione, tra cittadino e urbanistica. I portici stanno al di sopra di ogni condizione climatica (e hanno ricevuto venerazioni simili alla Madonna di S. Luca in caso di piogge) e ciò amplifica l’idea di una relazione attiva con la città, contro ogni aspetto o condizione.
Bologna, nella sua accezione di Alma mater, ogni anno fa da balia a migliaia di studenti che cambiano le loro vite chiedendole di essere adottati. Tutti sanno che, camminando sotto i portici del centro, si arriva ovunque, si diventa capaci di dominare il territorio, diventando noi stessi le ramificazioni della città: una strada con un portico è come una frase senza punto, non c’è interruzione, né distacco, quanto piuttosto assimilazione; è uno scambio reciproco che produce uno stile di vita urbano unico nel suo genere. I bolognesi, di nascita o di acquisizione, vivono la città e per loro la piazza non è solo luogo di ritrovo, ma un portale di legami. A Piazza Verdi ci si siede rigorosamente per terra, che sia inverno o estate, e non sempre rimane lo spazio per passare. In città il fuori sede, lontano dalla propri dimora, trova una nuova casa formata da centinaia di arcate e altrettanti giovani.
Si calpestano le strade, quasi sempre di fretta, ma è proprio qui che giace l’immortalità dello spirito di Bologna, sotto i mattoni rossi dei portici si è parte della città, la quale protegge e allo stesso tempo si slancia nel cuore delle piazze, regalando l’idea di una socialità senza pregiudizi, una mentalità slegata da convenzioni, e anzi curiosa di chi sta accanto e che, nella particolarità di una Bologna vivace e multietnica, si identifica con noi stessi.
Giulia Sorrentino
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