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Un contenitore di infinita bellezza: le mura di cinta di Sciacca
24 Novembre 2019
TravelBusinessAgrigentoCittà

Un contenitore di infinita bellezza: le mura di cinta di Sciacca

Home » Business » Travel » Un contenitore di infinita bellezza: le mura di cinta di Sciacca

Fino ad oggi abbiamo sempre parlato di tutto ciò che la città di Sciacca custodisce al proprio interno, ma tutta questa bellezza chi (o cosa) la custodiva? Come in ogni città che si rispetti, anche Sciacca godeva della protezione di mura di cinta.

Le primissime mura della città sono di incerta origine; esse tuttavia si pensa dovettero esistere già in periodo arabo, oppure furono erette nel successivo periodo normanno dal Conte Ruggero –circa nel 1091- che liberò la città e vi edificò il Castello Vecchio. Le prime mura cingevano soltanto quella che era chiamata “Terra Vecchia”, cioè il quartiere compreso fra la piazza Angelo Scandagliato, la centrale via Giuseppe Licata, San Nicolò La Latina e Porta Bagni.

Nelle mura normanne si aprivano tre porte: Porta Bagni, a est, a forma di portico, con l’arco in bugnato chiuso da un terrazzo merlato compreso fra due pilastri terminanti a vertice; una seconda si apriva a ovest presso l’odierna piazza Scandagliato, detta Porta Mazzara; una terza –murata nel 1674- era quella di Sant’Elmo, posta tra Porta di Mare e Porta Bagni: essa prendeva il nome dall’omonima rocca che sorgeva di fronte alla rupe San Paolo. Le tre porte erano aperte solo sul lato a sud della città.

Il perimetro delle mura fu allargato nel 1335-36 per ordine di Federico III d’Aragona, includendo dentro le mura i quartieri nati nel frattempo: il Rabato, la Cadda e il Borgo di Mezzo; continuò a rimanere fuori dalle mura il Borgo dei Figuli. In questa nuova cinta muraria furono aperte tre porte: Porta di Mare, Porta Palermo e la Porta di San Calogero.

Si dovette attendere il 1543 con l’Imperatore Carlo V per avere un importante intervento nella sistemazione delle mura; un progetto redatto da Gabrio Serbelloni. Il progetto prevedeva l’inserimento di bastioni ai vertici del poligono della cinta trecentesca.

I nuovi bastioni erano necessari per meglio fortificare la città: al Castello Vecchio, se ne aggiunsero altri: quelli del Salvatore e di Sant’Agata, quello dell’Alfiere e quello di Porta Bagni; a nord venne costruito soltanto quello –poi rimasto incompleto- detto “De Vega”.

I bastioni erano forniti di 11 pezzi di artiglieria, e quando persero la loro funzione difensiva, vennero concessi a privati che li trasformarono in abitazioni private e giardini.

I più recenti guasti alle mura vennero operati nel secondo dopoguerra con l’apertura di diverse brecce operate da privati cittadini nel tratto settentrionale per la costruzione a ridosso di esse di abitazioni civili. I primi interventi di restauro, dopo secoli di abbandono all’incuria, vennero effettuati nel 1983 sopra il torrione delle Mura De Vega, e dal marzo 1989 sopra le mura di via Porta San Calogero. Uno scrigno –contenitore di immensa bellezza- da ammirare. Un’opera di architettura militare che lascia senza fiato.
Continuate a seguirci, sempre alla scoperta di meravigliose bellezze.

Letizia Bilella

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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