Il nostro viaggio oggi ci porta alla scoperta della chiesa e del convento di Santa Maria del Giglio di Sciacca, il cui nome deriva da un’immagine della Madonna che vi si venerava e che fra le mani stringeva un giglio fiorito.
La prima chiesetta si fa risalire al 1300, eretta col concorso dei fedeli e dei Giurati della città, si trovava un po’ più a sud-ovest di quella attuale. Ad essa fra il 1400 e il 1542 fu annesso un ospedale, il cui ricordo resta affidato al nome della viuzza che si apre sulla sinistra di Porta San Calogero.
Durante la peste del 1575 i locali dell’ex ospedale furono trasformati in lazzaretto.
La chiesa fu ricostruita una seconda volta nel 1565, spostandone il sito un po’ più a est.
I Padri Francescani riuscirono a incrementare la devozione e il culto dell’Immacolata e, in occasione dell’Interdetto che colpì la Sicilia sotto il regno di Vittorio Amedeo di Savoia, si premurarono di scavare davanti alla chiesa una fossa per accogliervi i cadaveri, che altrimenti non avrebbero avuto degna sepoltura. La venne del tutto riedificata e spostata un poco più a sud-est fra il 1634 e il 1643, quando si dovettero riparare i danni subiti dal terremoto del 1578.
Lo storico Sanfilippo-Galioto nel 1710 riferisce che il 28 settembre del 1650, mentre si celebrava la festa della Madonna del Giglio con fuochi d’artificio, due navi turche, ritenendo di essere attaccate, spararono alcune cannonate contro la città. A ricordo di questo fatto furono murate nella facciata della chiesa due palle di cannone.
Altro particolare che gli storici locali riferiscono, si riferisce al terremoto del 1728, quando i padri costruirono una chiesetta di legno nel Piano del Calvario per celebrare in sicurezza le funzioni nel periodo delle scosse; fatto poi ricordato con la posa in piazza di una croce.
Quando nel 1866 furono soppressi gli ordini religiosi, i Frati abbandonarono il convento per poi farvi ritorno nel 1899.
L’interno della chiesa, presenta tre navate divise da colonne ed una cupola molto bassa nel punto di intersezione. Prettamente settecentesca è la decorazione interna, come la volta affrescata da Luciano Vitabile e da Luigi Schittone. L’altare maggiore è dedicato alla Vergine Immacolata, con la statua fatta scolpire a Napoli nel 1722 dal priore Serafino Marotta. Nella navata destra, a susseguirsi, troviamo le statue del Sacro Cuore, di Sant’Antonio da Padova, di San Francesco e, sul lato destro della crociera un quadro raffigurante la Natività della Vergine Maria. La navata sinistra inizia con la tela dello scorcio del secolo XVII del saccense Francesco Aversa raffigurante San Gregorio Nazianzeno. Sul secondo altare è posta la statua di Sant’Eligio, risalente al 300 che fu portata qui nel 1880 dalla Chiesa dei SS. Filippo e Giacomo –ormai non più esistente; segue la 400esca statua di San Calogero. Sul quarto altare si trova una tela di Ignazio Dimino con la Madonna del Giglio; sul lato sinistro si conserva un antico Crocifisso cui fa da sfondo un olio di Luigi Schittone raffigurante alcune anime purganti.
L’ultimo rifacimento del prospetto esterno risale al 1963/68: vennero smontati e rimontati tutti gli elementi in pietra, mantenendo la precedente impronta rinascimentale con pilastri, archi a tutto sesto e cantonali; gli elementi innovativi della ricostruzione sono la parte superiore a forma di cuspide e il diverso allineamento delle tre finestre.
Una peculiarità interessante è quella che questa chiesa è l’unica a presentare un ingresso a vestibolo.
Anche per oggi il nostro viaggio si conclude qui, ma vi invito a continuare a seguirci sempre alla scoperta di altre bellezze dell’arte siciliana.
Letizia Bilella
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