MILANO – Il Financial Times è sicuro: il capoluogo lombardo è la capitale italiana delle startup. Città come Torino, Bologna, Roma e Napoli sono diventate portatrici sane di vivaci centri di sviluppo per startup. Milano, però, è al primo posto. Con 1,2 milioni di abitanti (5,5 compresa la provincia), annovera il maggior numero di startup innovative: su 1.183 presenti in Lombardia a marzo 2016, Milano ne ospita 802, pari al 14,75% sulle 5.439 registrate complessivamente in Italia. Quasi il doppio rispetto a Roma che si piazza al secondo posto contandone 475, ovvero l’8,73% del totale.
Secondo gli inglesi, questi numeri derivano principalmente da numerosi fattori: il prestigio universitario legato ad atenei come la Bocconi, il cui master in Finance è il nono migliore al mondo, l’importante disponibilità di capitali, la portata mondiale delle industrie alimentari e dell’alta moda, l’impeto cosmopolita derivante dall’organizzazione di Expo 2015 e anche una serie di provvedimenti legislativi che hanno avuto qualche effetto positivo.
Il decreto legge Crescita 2.0 che il Ministero dello Sviluppo economico ha pensato a sostegno di startup e PMI innovative risale al 2012 e prevede non poche agevolazioni. Alcune di esse sono la firma digitale, l’esonero dalle imposte di bollo, assunzioni flessibili, la possibilità di raccolta di capitale tramite crowdfunding, incentivi fiscali per chi investe, accesso al fondo di garanzia con cui lo stato copre fino all’80% dei prestiti bancari e l’alleggerimento del processo di bancarotta.
La volontà di crescita e sviluppo in questo senso c’è e i risultati lo dimostrano, però, c’è una nota negativa. Il problema principale, talmente radicato nella cultura italiana da sembrare inestirpabile, rimane la burocrazia. Secondo uno studio dell’Unione Europea, rispetto a qualità della pubblica amministrazione l’Italia si attesta al 17° posto, ben al di sotto della media europea (posta a zero) con un indice di -0,930. Inoltre, tutto ciò rallenta la crescita del nostro stesso PIL di circa il 2%, perdendo mediamente 30 miliardi di euro all’anno.
Secondo il Financial Times la burocrazia italiana è diventata scoraggiante per chi è intenzionato a fare business, costretto a rimanere incagliato tra carteggi assurdi e procedure infinite. In chiusura, il Financial Times segnala due startup italiane da tenere d’occhio nel prossimo futuro: la società fintech MoneyFarm e quella che realizza, e rende virali, campagne pubblicitarie in rete: Mosaicoon.
Marco Razzini
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