Il protezionismo firmato Donald Trump colpirà anche il Made in Italy, o almeno questo è quanto affermato dal Wall Street Journal. Il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America avrebbe scelto di accentuare la separazione il nuovo e il vecchio continente per dare preminenza ai prodotti forniti dalla produzione nazionale: e così il prezzo di beni come la Vespa, l’acqua San Pellegrino e la Perrier potrebbero vedere il loro prezzo più che raddoppiato. A fare le spese di un tale aumento del costo sarebbe, peraltro, la Nestlé, proprietaria dei marchi sopra citati. Trump mira a far ridurre al minimo la domanda di prodotti italiani così come ha fatto, secondo quanto riporta La Repubblica, con altri prodotti europei quali i formaggi francesi (come ad esempio il Roquefort o il Foie Gras) o ancora con le moto firmate KTM.
Naturalmente la notizia ha scatenato non poche reazioni in territorio italiano: «un Paese come l’Italia deve essere affezionato all’idea che la qualità non ha frontiere e che dazi, protezionismi e chiusure non possono essere barriere in grado di mettere un freno alla qualità. Se c’è qualità ci sono business, scambi commerciali, crescita e benessere per tutti. Abbiamo le carte in regola per competere in questo mercato senza essere particolarmente aggressivi nei confronti di nessuno, perché l’Italia è un Paese aperto che punta sulla qualità e sugli scambi e così facendo è capace di affermare l’essenza della propria manifattura e le sue capacità industriali e artigiane», così il capo del Consiglio dei Ministri, Paolo Gentiloni, ha commentato la scelta adottata dall’amministrazione Trump.
Eppure la vera ragione di questa scelta di mercato affonderebbe le sue radici nel lontano periodo della presidenza di George W. Bush, il quale era entrato “in conflitto” con l’Europa a causa del divieto imposto dall’organo comunitario del vecchio continente nei confronti della carne di manzo statunitense trattata agli ormoni. Un anno prima dell’elezione di Obama, l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) ammonì l’europeo, intimandogli di allentare le maglie del suo divieto nei confronti della carne americana, rendendolo quanto più selettivo possibile in modo ad consentire agli USA di poter esportare il suddetto bene. Tuttavia, a detta di Washington, Bruxelles non avrebbe ottemperato all’ingiunzione di Bruxelles.
Tale faida, che sarebbe stata accantonata per ben 8 anni durante il doppio mandato di Barack Obama, sarebbe adesso stata riportata alla luce dal tycoon. Tutt’al più nel 2015 il Congresso ha approvato una legge che facilita l’imposizione di dazi come sanzione nell’ambito di screzi commerciali, anche se tale scelta deve essere influenzata dal valore delle esportazioni. Luca Colombo, country manager di Facebook Italia, ha scelto di commentare tale decisioni, schierandosi contro il primo cittadino americano: «Il protezionismo per noi è un mezzo disastro, sta nella missione di Facebook di rendere il mondo aperto e connesso, per tanti attori di questo settore e tante piattaforme digitali è un controsenso».
Francesco Raguni
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