C‘è chi la gradisce e chi no, ma una certezza c’è: la musica di sottofondo nei negozi può far aumentare i ricavi. Non si tratta di incrementi vertiginosi, però la musica può fare la differenza. È questo quanto scaturisce da una ricerca effettuata dalla Bocconi di Milano e coordinata da Andrea Ordanini, direttore del Dipartimento di Marketing dell’università milanese. «La musica in negozio può incrementare lo scontrino dal 2% al 10%» spiega Ordanini a Wired. Vedendole così non sembrano percentuali importanti, però se tali effetti della musica si applicano, per esempio, ai volumi d’affari di supermercati o centri commerciali, gli incassi diventano significativi. Ormai da qualche anno la musica di sottofondo è entrata tra gli elementi strategici di marketing. Numerose ricerche di mercato hanno confermato la necessità, per le varie attività, di disporre di musica di qualità di sottofondo. Al giorno d’oggi «non basta più attaccare il plugin alla radio e mandare in filodiffusione la stazione che si ascolta dietro il bancone o far girare due cd a ripetizione» continua Ordanini.
Passando dalle teorie ai fatti, analizziamo come e perché la musica può incrementare i guadagni di un negozio. Innanzitutto, la canzone giusta al momento giusto può far aumentare la permanenza nel negozio del cliente che, ascoltando il brano, continua a girare in mezzo agli scaffali. Così facendo, ci sono più possibilità di imbattersi in un prodotto da comprare. Se la musica è positiva dal lato del cliente, lo è anche per il lavoratore, infatti della buona musica migliora l’umore dei dipendenti. Dalla ricerca della Bocconi si evince che i dipendenti di quattro catene del segmento alimentare e di sei del lusso ritengono che la musica sia un aiuto al lavoro. In altri casi, in cui si suonano melodie anonime o poco orecchiabili, i lavoratori non hanno nascosto di non apprezzare le scelte. A riguardo è interessante una ricerca di Music works for you (centro studi del Regno Unito) che ha evidenziato come uno staff motivato, rilassato e di buon umore vende meglio. L’aumento dei ricavi, dunque, non sembra essere dovuto prettamente a un condizionamento mentale, ma a un insieme di elementi: come l’umore positivo, il tempo all’interno del negozio e lo staff motivato, generati tutti dalla musica di sottofondo. Gli aggettivi che più risaltano dalla ricerca della Bocconi riguardo i brani musicali sono «piacevole», «importante» e, inoltre, «rende più bello fare acquisti». Probabilmente è anche per questo che, qualche mese fa, Mood Media, società che realizza radio in-store, ha creato e lanciato un juke box interattivo, con cui i clienti possono scegliere i propri brani preferiti.
La ricerca della Bocconi ha effettuato un’analisi di 292 catene di distribuzione. Da tale studio «è emerso che il 54% ha una radio in-store», spiega Ordanini. «I principali ostacoli all’utilizzo sembrano prevalentemente tecnologici – si legge sulla ricerca – Costi elevati sono segnalati dai settori retail e talco, mentre finanza e servizi indicano una limitata utilità dello strumento». Ovviamente, ci sono dei costi dietro. La sforzo economico maggiore è senza dubbio quella dei diritti d’autore. La legge attualmente vigente in Italia prevede che la quota sia variabile in base all’ampiezza del negozio, al tipo di merce venduta e al numero di altoparlanti. Tali spese, però, non sono sostenute solo dai negozi, ma anche dagli operatori che forniscono radio in-store. Più precisamente, si parla di circa il 20% dei ricavi lordi per i diritti delle canzoni.
La musica da sempre fa parte della vita quotidiana di quasi tutti noi e oggi è diventata uno strumento di marketing che può portare a negozi, supermercati, centri commerciali e qualsiasi attività dove è presente un contatto con il pubblico un incremento di ricavi che diventa sempre più importante con l’aumentare del volume d’affari. Possiamo tranquillamente parlare di marketing del sottofondo.
Marco Razzini
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