MOSCA – L’Uzbekistan, un tempo parte integrante della Repubblica socialista sovietica, geograficamente collocata tra il Kazakhstan e l’Afghanistan è ormai la diretta concorrente della Corea di Kim Jong Un in materia di notizie grottesche proprio a causa del suo dittatore. L’ultima fra le tante riguarda il lavoro nei campi di cotone, che costituiscono una delle risorse più significative della Nazione governata dal despota Islam Karimov: il Governo, secondo quanto riporta Repubblica.it, avrebbe dato l’ordine a centinaia di contadini di uno dei villaggi produttori di cotone di riattaccare il materiale, preso dalle piante, al vegetale stesso grazie all’uso di una particolare colla. Tale sforzo non è solo faticoso, ma anche frustrante e umiliante: nell’Uzbekistan, la raccolta dei batuffoli bianchi è stata affidata a migliaia di cittadini, operai, studenti e bambini costretti a un gratuito “lavoro volontario”, in quanto minacciati da gendarmi armati. A questa notizia, il mercato si è completamente spaccato in due: se da un lato vi sono le società che hanno rifiutato di acquistare il cotone uzbeko qualora prodotto in siffatte condizioni, dall’altro vi sono gli sciacalli che approfittano del ribasso dei prezzi.
Il fatto è che la bizzarra, quanto aspra, opera – a cui sono stati costretti i raccoglitori del cotone – ha il mero fine di rendere il più telegenico possibile la visita di un ministro di Karimov, il quale, da copione, avrebbe dovuto solamente muoversi fra i campi, mentre le telecamere di Stato lo riprendevano. La visita si sarebbe dovuta tenere nel periodo della fioritura, ma per diversi motivi è stata così tanto posticipata che si è giunti al momento finale del ciclo: la raccolta. Per il Governo era impensabile visitare un campo decorato solo da arbusti, scarno del suo chiarore ovattato. Anche attori e personaggi pubblici sono stati costretti a eseguire tale prestazione.
I russi, il cui odio per Karimov è rinomato, hanno richiamato, a seguito di quanto descritto, un loro predecessore: il conte Potemkin. Esso si è reso famoso perché faceva costruire villaggi di cartapesta, animati e conditi da allegri contadini, lungo i percorsi della zarina Caterina la Grande: quest’ultima, immaginava quindi di governare su felici e popolose borgate, anche se in realtà non era così. Questo episodio fece in modo che il mos russo “Villaggio Potemkin” fosse riconducibile alle finzioni inscenate dai politici. La differenza tra la fattispecie raccontata precedentemente e quella uzbeka è una sola: quest’ultima è totalmente fine a sé stessa, divenendo di conseguenza inutile. Alla fine, il ministro, ancora troppo occupato ha continuato a rimandare la sua visita. Resta solo una domanda: la colla reggerà?
Francesco Raguni
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