Il Sudan non sembra mai trovare pace. Una vita tra guerre civili, colpi di Stato, conflitti interni e addirittura genocidi. Il terzo paese più grande dell’Africa, con tantissime risorse, soprattutto petrolifere, ma che risulta essere uno dei più poveri e più sfruttati del continente. Tutti eventi tragici che hanno portato il paese ad affrontare costanti crisi umanitarie, problemi di siccità, carestie e desertificazione dei terreni. Ed avendo lo sbocco orientale sul Mar Rosso, è uno dei principali luoghi di partenza dei vari flussi migratori per portano i migranti in Libia dall’Africa subshariana per l’attraversamento del Mediterraneo.
La storia moderna del Sudan è fatta da guerre civili e colpi di Stato, di cui sei riusciti. Solo un uomo è riuscito nell’impresa di governare il paese per trent’anni dal 1989 al 2019: Omar al Bashir, che attuò un colpo di Stato nel 1989 concentrando su di sé poteri legislativi ed esecutivi, imponendo la sharia islamica e divenendone presidente.
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Nel 2019, l’attuale presidente del Sudan al Burhan fece un colpo di Stato ai suoi danni, sfruttando il malcontento della popolazione, il quale lamentava un aumento dei prezzi di beni di necessità, e accusando al Bashir di corruzione.
Nel paese africano da giorni si verificano scontri che vedono protagonisti due eserciti militari: quello regolare e quello paramilitare denominato Rapid Support Force. Il primo è guidato dal presidente sudanese Abdel Fattah al Burhan, il secondo dal vicepresidente Mohamed Hamdan Dagalo, noto anche come Hemedti.
Da sabato 15 aprile, infatti, gli umori si sono decisamente più intensificati e gli scontri fatti più violenti. Difatti, i campi di battaglia presi di mira sono il palazzo presidenziale e l’aeroporto della città di Khartum, la capitale, dove tutto è iniziato, per far prevalere il proprio controllo territoriale. Ma chi sono questi due personaggi?
Ovviamente il termine ‘alleato’ in contesti del genere è sinonimo di convenienza. E purtroppo tutto il continente africano è abituato a situazioni del genere. Uno degli esempi più lampanti è il Burkina Faso.
Burhan e Dagalo dall’aprile del 2019 si contendono il controllo della nazione. Burhan, già a capo dell’esercito, si è reso protagonista del colpo di stato ai danni di al Bashir. Il Sudan è una nazione prevalentemenre islamista, e Burhan si è distinto per essere uno per pochi generali non islamisti.
Piramidi nubiane presenti in Sudan
Uno degli episodi più discussi della sua carriera militare è senz’altro la guerra del Darfur dal 2003 al 2009. Burhan, a quel tempo, era il comandante dell’esercito sudanese.
Il motivo scatenante di questa guerra fu di eliminare le etnie non arabe della nazione. Il Darfur è una regione occidentale del Sudan, e secondo l’ONU la guerra portò tra i 300 mila morti e più di due milioni di sfollati. Le milizie che futono assoldate per la guerra sono accusate di crimini contro l’umanità, crimini di guerra e violenze di ogni tipo.
Soprattutto i Janjawid, diretti discendenti dell’esercito di Hemedti, di cui proprio lui ne faceva parte durante la spedizione del Darfur. Janjaweed letteralmente vuol dire demone a cavallo. Termine utilizzato anche in modo dispregiativo in situazioni colloquiali. Sono dei soldati che operano in contesti come la guerra civile seguendo gli ideali del nazionalismo etnico arabo.
Janjawid a cammello
Nel 2013, su volere di al Bashir l’esercito miliziano dei Janjawid si trasforma nel Rapid Support Force, con comandante proprio Hemedti. L’obiettivo di questo processo era per rendere meglio organizzato l’esercito dei demoni a cavallo. Hemedit assumerà così tanto potere tanto che userà la sua stessa milizia per prendere il controllo sulle miniere d’oro in Darfur arricchendosi fino a divenire l’uomo più ricco del Sudan.
Considerando che l’esercito regolare ha da sempre migliori armi ed equipaggiamenti, Hemedti, grazie alle sue ricchezze, renderà l’esercito dei Janjawid pari o addirittura superiore all’esercito regolare.
Nel 2019, Hemedti decide di schierarsi con i golpisti ai danni di al Bashir, ed il Sudan, seppur per poco tempo, venne governato da un’amministrazione civile, con al governo Abdalla Hamdok. Nel 2021 l’ennesimo colpo di stato porterà al potere ‘l’alleato’ di Hemedit, Burhan, colui che al momento è un rivale a tutti gli effetti, ed Hemedti sarà eletto suo vice.
Nel dicembre del 2022, il governo di Burhan acconsente ad un accordo per cedere nuovamente il potere ad un’amministrazione civile. L’accordo prevede anche lo scioglimento del Rapid Support Force e integrarlo con l’esercito regolare. Hemedit, avendo un certo potere nel paese, rifiuta categoricamente la scelta di Burhan fino ad arrivare allo scontro nella metà del mese di aprile.
Ci sono testimonianze che il Sudan sia da sempre un luogo abitato, ma dal periodo faraonico la sua storia si intreccia con quella dell’Egitto. Non solo la storia, ma anche il fiume: il Nilo. Il Nilo Bianco e il Nilo Azzurro confluiscono nel Nilo per sfociare nel Mediterraneo.
Il Sudan nel 1899 entrò sotto l’egemonia egiziano-britannica, il quale non si fece scrupoli a porre una distinzione territoriale: i musulmani al nord ed i cristiani al sud. Infatti la parte meridionale della nazione era composta, di cui anche il nord attuale, da etnie subsahariane. Ancora oggi il nord Africa esercita una forma di razzissmo nei confronti degli abitanti provenienti dall’Africa nera. Un esempio è il presidente tunisino Kais Saied, che trova capri espiatori sui problemi del paese nei migranti subsahariani.
Pione Sisto, calciatore danese di origini del Sudan del Sud
Dopo l’indipendenza raggiunta nel 1956, il paese africano venne governato da regimi militari che da subito imposero l’ideologia islamica e favorirono la crescita delle regioni del nord di maggioranza araba. Alla parte cristiana sudanese, ovviamente, tutto questo non andava bene.
La prima guerra civile si ebbe nel 1955 terminando nel 1972, causando oltre 500.000 morti. L’obiettivo di questa guerra era di rendere autonome le varie regioni che componevano il paese. La seconda guerra civile ebbe luogo dal 1983 al 2005, una delle guerre civili più cruente dove si stimano oltre duemila defunti. Nel 2011, il Sudan del Sud ottenne finalmente l’indipendenza.
Bambini soldato sudsudanesi
Dopo un periodo florido, i problemi iniziarono a sorgere anche con l’indipendenza approvata. Il Sud Sudan ha tantissimi giacimenti petroliferi, il 75 % contando anche il nord. Il problema è che le raffinerie e gli stabilimenti per la lavorazione e l’esportazione del petrolio sono presenti soprattutto in Sudan, che possiede anche l’unico sbocco sul mare come detto in precedenza.
Quindi entrambi i paesi hanno dovuto rivedere gli accordi commerciali per l’utilizzo degli oleodotti che attraversano tutto il settentrione sudanese gestiti ancora dalla capitale Khartum. La modifica e la revisione dei contratti sono opera delle imprese cinesi. La Cina, infatti, oltre ad essere il principale partner commerciale del Sudan, è anche colei che sfrutta maggiormente i pozzi petroliferi sudanesi.
La convivenza tra varie etnie nel paese è ovvio che non abbia funzionato. L’egocentrismo dei governi arabocentrici nei confronti della popolazione cristiana meridionale,e non solo, hanno causato una spaccatura generando crisi di ogni tipo. Entrambi hanno qualcosa che serve loro per compensarsi. Non è da escludere che sarebbe capitata la stessa anche se la maggior parte fosse stata cristiana e la minor parte musulmana. Sta di fatto che il Sudan intero potrebbe vivere una realtà certamente più dignitosa di quella di attuale.
Fonte foto in evidenza: Il Post
Simmaco Munno
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Nato a Santa Maria Capua Vetere, provincia di Caserta, quando il grunge esplodeva a livello globale, cioè nel ’91, e cresciuto a pane e pallone, col passare del tempo ha iniziato a sviluppare interessi come la letteratura, la linguistica, la musica, sa mettere le mani almeno su tre strumenti e i videogiochi. Cerca di non porsi limiti e di migliorare sempre.