Un partito politico (per più info sulla loro nascita clicca qui) è l’aggregazione di più persone, con fini politici comuni su questioni inerenti allo Stato e alla società, da attuare mediante un movimento associativo. L’attività del partito politico opera sul piano nazionale della vita pubblica e, per quanto concerne le attuali democrazie rappresentative, ha come ambito principale quello elettorale. Il primo partito nato in Italia fu il Partito Socialista Italiano, nel 1892, il quale tentò di coinvolgere ogni tipo di lavoratore – dai contadini agli operai, passando per gli artigiani – chiedendone il miglioramento delle condizioni durante le attività renumerate, mentre lo Stivale diventava noto per il forte dibattito fra le cosiddette Destra e Sinistra Storica. Poco dopo la prima guerra mondiale – nel 1919 – i cattolici (che fino ad allora erano ufficialmente estranei alla politica) diedero vita al Partito Popolare Italiano di don Luigi Sturzo. Questo si prefisse come obiettivo l’edificazione di una civiltà terrena migliore di quella dell’epoca e diventò, alla fine del secondo grande conflitto mondiale, la nota Democrazia Cristiana. Negli stessi anni del PPI – esattamente nel 1921 – nacque anche il Partito Comunista Italiano, grazie alla scissione del PSI e guidato da Antonio Gramsci (in foto). Il suddetto PCI aveva come ambizione principale quella di cambiare la società in maniera radicale, in favore specialmente dei lavoratori.
Tutti quelli sopracitati divennero partiti “di massa” grazie al suffragio universale, approvato in Italia nel 1945; fino ad allora, infatti, nel Belpaese avevano votato solo gli uomini (mentre il suffragio universale maschile era stato introdotto nel 1912 da Giovanni Giolitti e Antonio Salandra). La sede, nell’ambito del partito, iniziò intanto ad avere un ruolo fondamentale: si trattava di un punto di aggregazione e di una scuola di ideologie, nonché di un luogo di ritrovo tra uomini di interessi comuni. In altre parole, frequentare il partito – qualunque esso fosse – faceva aumentare le relazioni sociali. «Le sezioni, punto di incontro sul territorio, divennero accessibili a tutti così che la vita politica non si fermasse alle sole elezioni», sostiene al riguardo il politologo Giorgio Galli, su Focus. Poi, prosegue spiegando che «arrivò anche la tessera di partito, perché era la consapevolezza numerica, più che la ricchezza di fondi, a dare forza al partito, che aveva bisogno di tante persone per mantenersi attivo nella società. Un contatto diretto che molti oggi hanno perso». Il record di proliferazione dei partiti in Italia si toccò nel 1946, quando furono stimante 54 liste; secondo posto, invece, per le 51 del 1992. Stando all’opinione di Galli, sono stati e sono sempre i cambiamenti epocali a dettare la moltiplicazione dei partiti, nei suddetti casi la nascita della Repubblica e, poi, Tangentopoli.
«Oggi a causa della complessità della società, la democrazia rappresentativa è in crisi, e non solo in Italia» afferma Galli. L’icona della “crisi” dei partiti intesi in senso tradizionale è stato di recente Beppe Grillo, con il suo Movimento Cinque Stelle, sebbene non sia stato lui il primo a condurre in Italia una protesta antipartitica: il nome del suo precursore è Giacomo Giannini, capo del Fronte dell’Uomo Qualunque, che in occasione delle elezioni del 1946 conquistò il 5,3% dei voti. Secondo Giannini, in periodi di particolare difficoltà, lo Stato avrebbe dovuto limitarsi ad amministrare: «Per governare basta un buon ragioniere che entri in carica il 1° gennaio e se ne vada il 31 dicembre. E che non sia rieleggibile», era il suo motto. E se questa regola si provasse a riapplicare? Magari non da un ragioniere, ma da uomini o donne che siano comunque in grado di ragionare.
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Francesco Raguni, a 20 anni, è iscritto al Dipartimento di Giurisprudenza di Catania: tra un esame oggi e un altro domani, trova sempre il tempo di scrivere. Detto “Ciccio” dagli amici, ha come miti Francesco Guccini, Ernest Hemingway, Roberto Saviano e Nelson Mandela. È un grande sostenitore del progetto Anything To Say e collabora felicemente anche con SoccerWeb24. Il suo motto? «La maniera di andare a caccia è quella di cacciare per tutta la vita […] e quella di scrivere, di scrivere finché riesci a vivere». La sua malattia? Il Milan.