Negli ultimi giorni lo stalking è stato protagonista di un acceso dibattito che ha visto CGIL,CISL e UIL schierati fermamente contro la possibilità di una depenalizzazione del reato. «Lo Stato non può tradire le donne due volte, prima esortandole a denunciare e poi archiviando le denunce, o peggio, depenalizzando il reato di stalking» il monito lanciato dai tre sindacati che ricordano l’efferato omicidio dell’oncologa Ester Pasqualoni ad opera di quello stesso stalker contro il quale aveva presentato due denunce, entrambe archiviate. L’articolo incriminato, il 162-ter, è stato inserito nella riforma del processo penale votata alla Camera il 14 giugno scorso, e prevede l’estinzione di reati, fra cui proprio lo stalking, a seguito di condotte riparatorie. Schierate in prima linea, Loredana Taddei, Responsabile nazionale delle Politiche di Genere di CGIL, Liliana Ocmin, Responsabile del coordinamento nazionale donne CISL e Alessandra Menealo, Responsabile nazionale dei centri di ascolto della UIL, hanno denunciato una pericolosa sottovalutazione del reato di stalking. «Senza il consenso della vittima» spiegano «l’imputato potrà estinguere il reato pagando una somma se il giudice la riterrà congrua, versandola anche a rate», sottolineando l’eventualità di estendere la legge a tutti i reati contro la persona che prevedono una pena di 4 anni di condanna «Un’assurdità di una gravità assoluta, peraltro, in totale contrasto anche con la Convenzione di Istanbul».
Dopo l’ok del Senato, la riforma del processo penale ha suggellato 4 anni di iter parlamentare con il sì di Montecitorio mercoledì 14 giugno. Il voto, sebbene fosse stato preceduto dalla fiducia al Governo Gentiloni, confermata da 320 sì contro 149 no, ha alimentato i malesseri interni alla maggioranza: contrari UDC e il Ministro per gli Affari regionali, Enrico Costa, astenuti i parlamentari di Articolo 1-Mdp, mentre Alternativa Popolare di Alfano ha disertato in blocco al momento della votazione. Con 267 voti favorevoli il provvedimento è diventato legge e si è immediatamente scontrato con la resistenza di chi, in quelle pagine, vede un chiaro disinteresse della classe politica. «Quante donne uccise o perseguitate dobbiamo contare dopo che questa nuova norma verrà pubblicata in Gazzetta Ufficiale?» si chiedono Taddei, Ocmin e Menelao, evidenziando ancora una volta come sarà sufficiente al reo presentare un’offerta risarcitoria per estinguere il reato, indipendentemente dalla volontà della vittima.
Il caso ha suscitato l’interesse di numerose associazione e istituzioni politiche. Telefono Rosa si è schierato con la protesta dei sindacati contro l’articolo 162-ter, così come la senatrice Mdp, Cecilia Guerra, ha chiesto al Governo di fare un passo indietro, affermando la necessità di prestare un’attenzione speciale ai reati commessi contro le donne. Se, però, da una parte gli avvocati dell’associazione D.I.Re (Donne in Rete contro la violenza) stanno lavorando per capire quali ricadute potrebbe avere la legge per le donne vittime di stalking, non tutte le parti in causa hanno avvertito il medesimo pericolo: il Sottosegretario alla Giustizia, Gennaro Migliore, infatti, ha difeso la legge accusando le tre sindacaliste di diffondere falsità, dal momento che dagli atti riparatori risarcibili sono esclusi i casi di stalking più gravi. Posizione avvalorata anche dalla Presidente della Commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti che ha parlato di “terrorismo psicologico” riguardo le dichiarazioni rilasciate da Cgil, Cisl e Uil.
Al fine di evitare qui pro quo il periodico Rassegna Sindacale ha esposto le proprie preoccupazioni al Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Eugenio Albamonte. Il giudice, che in passato si è spesso occupato di stalking, ha spiegato quanto le soluzioni a cui si è pervenuti nella legge di riforma del processo penale siano state dettate da un spirito deflativo, proponendosi dunque di ridurre il carico di lavoro che grava sugli uffici giudiziari, ma che nel farlo si sia incappati nell’errore «che anche per reati gravi come lo stalking, il giudice possa decidere, sulla base del risarcimento del danno, l’estinzione del reato procedibile a querela, senza che ci sia un’effettiva remissione della querela stessa». Inoltre, pur confidando nella sufficiente tutela che la normativa attuale offre alle vittime, Albamonte sottolinea un fondamentale problema di disattenzione da parte del legislatore, chiamando in causa il “decreto svuota-carceri” che interessò in particolar modo gli stalker perché non si erano sufficientemente considerate quali conseguenze un decreto simile avrebbe avuto sui reati di grave allarme sociale. Le voci di dissenso, infine, hanno raggiunto il dicastero di Via Arenula: nel tardo pomeriggio di giovedì, infatti, il Ministro della Giustizia Orlando ha annunciato tempestive modifiche al fine di «evitare qualunque possibilità di equivoco interpretativo».
Francesca Santi
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