L’innesco partì dal ricorso di un maestro di scuola elementare, sindacalista e segretario della Gilda, contro la liquidazione della sua pensione, in particolare contro la parziale valorizzazione della contribuzione aggiuntiva che gli era stata versata in quanto dirigente sindacale nazionale. La sentenza della magistratura contabile, la 491/2016, gli diede torto, ma sollevò una combattuta questione, ovvero se la contribuzione aggiuntiva dovuta al ruolo sindacale fosse da annoverarsi come occupazione fissa e continuativa (quota A) o piuttosto dovesse confluire allo stesso modo dei contributi di tutti i lavoratori pubblici e privati che esercitano un ruolo temporaneo e provvisorio (quota B), come quello di un delegato sindacale che può essere spostato o rimosso in ogni momento.
Dubbi alla mano, la risposta della Corte dei Conti è stata tempestiva. I contributi derivati dal ruolo sindacale vanno versati nella quota B, soprattutto perché il rapporto di lavoro fisso e continuativo è smentito dal vertiginoso incremento che ha portato quel sindacalista, nell’arco di 14 mesi, da un incasso mensile di 2.000 euro a 8.000 a ridosso del collocamento in quiescenza, senza che vi siano state effettive variazioni d’incarico. Una quadruplicazione dello stipendio alla vigilia della pensione, dunque, che ha innestato il dubbio su una manovra attuata per porre a carico dell’Inps, e quindi dello Stato e dei cittadini, una pensione gonfiata. L’accusa ha destato l’ente previdenziale, portandolo a controllare un campione di 119 pensioni decorrenti dal 1997 al 2016. Il risultato: contando i contribuiti aggiuntivi inseriti nella quota A piuttosto che nella B come voleva la sentenza della Corte dei Conti, c’è stato chi ha goduto di un incremento come minimo del 18,9%, chi del 37,7% e chi del 62,5% come massimo. Il caso che ha fatto più scalpore ha coinvolto la CISL, ai cui sindacalisti spetterebbero 39.282 euro, ma ne percepiscono 114.275, circa il 190,90% in più. Il sindacato di Annamaria Furlan, tuttavia, non sembra estraneo a scandali simili visto che già nel 2015 finì al centro della scena per le cifre esorbitanti di alcuni stipendi che arrivavano anche a sfiorare i 300mila euro l’anno.
Scoperto l’inganno è l’INPS a chiedere al Ministero del Lavoro come comportarsi a fronte del fatto che le pensioni in esame sono ormai definitive e non vi sarebbe modo di tagliarle, ma che si potrebbe piuttosto agire sui vitalizi di altri 1.400 sindacalisti, rivedendoli alla luce della sentenza. Già mesi fa, infatti, il Presidente dell’INPS, Tito Boeri, aveva proposto di ricalcolare le pensioni dei sindacalisti in distacco nella pubblica amministrazione. «Sembra di poter dire che anche gli emolumenti sindacali erogati con carattere di fissità e continuità, da individuare in termini generali in via preventiva ‒ si legge, invece, nella risposta del Ministro Poletti ‒ vanno valorizzati ai fini del computo nella quota A. Ferma restando la necessità di evitare gli abusi del diritto che si possono realizzare attraverso incrementi anomali delle retribuzioni dei rappresentanti sindacali a ridosso del collocamento in quiescenza al solo fine di conseguire sproporzionati ed ingiusti vantaggi in termini di prestazione pensionistica».
E se il dicastero di via Vittorio Veneto prende tempo, molto più tempestive sono state le reazioni dei sindacati. «Boeri rischia solo di creare contenziosi che creerebbero problemi all’Inps ‒ ha affermato il Segretario generale UIL, Carmelo Barbagallo, aggiungendo ‒ Boeri spesso fa cose che rischiano di creare solo contenzioso, come per esempio con le buste arancioni, per le quali si sta spendendo inutilmente un sacco di soldi e creando tensioni». Dimostra di non avere peli sulla lingua anche il Segretario confederale della CISL, Gigi Petteni «È normale che in un Paese in cui l’INPS dovrebbe vergognarsi di alcuni disservizi il suo presidente abbia come unico hobby quello di rompere le scatole ai sindacati?». Non resta, dunque, che interrogarsi sulle parole dello stesso Barbagallo in merito alla possibilità di una pensione triplicata per i sindacalisti: si tratta di una conquista o di un privilegio?
Francesca Santi
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