La scuola italiana è sotto processo: la Commissione europea ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia dell’Unione europea. Le ragioni di questa decisione sono le condizioni di lavoro discriminatorie nella scuola e l’uso “abusivo” di contratti a tempo determinato.
La discriminazione di cui la scuola italiana viene accusata svantaggia gli insegnanti a tempo determinato. La normativa italiana, tra le altre cose, regola la retribuzione degli insegnanti a tempo determinato nelle scuole pubbliche. Tale normativa non prevede una progressione retributiva incrementale basata sui periodi di servizio precedenti. I docenti a tempo indeterminato, invece, hanno diritto a tale progressione retributiva. Ciò costituisce una discriminazione.
Inoltre, l’Italia non ha adottato misure efficaci per prevenire l’uso “abusivo” di contratti a tempo determinato, nonostante le richieste da parte dell’UE. Per questi motivi, la Commissione europea ha ritenuto opportuno deferire l’Italia alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, per aver violato la normativa europea sul lavoro a tempo determinato.
Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha preso atto della decisione della Commissione europea “perché si riducano le condizioni per il ricorso dei contratti a termine e affinché i docenti precari abbiano gli stessi scatti di anzianità degli insegnanti di ruolo, in nome di una piena parificazione dei diritti”.
Il ministro ha dichiarato che la necessità di rivedere il sistema di reclutamento dei docenti italiani, superando le rigidità della riforma Pnrr, era già stata sottoposta alla Commissione. Ha concluso dicendo di attendere fiduciosamente “che la parificazione dei diritti possa essere estesa ora anche alle forme di reclutamento”.
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