HARARE – «Sono morto molte volte: così ho battuto Cristo. Cristo è morto e risorto solo una volta». Questa è soltanto una delle numerose e controverse dichiarazioni fatte da Robert Mugabe, politico per quasi 40 anni al potere dello Zimbabwe. Come risaputo, la notte tra il 14 e il 15 novembre l’esercito del paese africano ha preso il potere, di fatto destituendo il presidente 93enne. Seguendo l’analisi di TPI, ripercorriamo la storia di Robert Mugabe, uno dei leader politici più controversi.
Nato nel 1924 ad Harare, all’epoca ancora nota come Salisbury, si avvicina al mondo politico non ancora trentenne. Durante il periodo di studi all’università sudafricana di Fort Hare, Mugabe si avvicinò all’ideologia marxista-leninista, e diventò ben presto un elemento attivo nei movimenti di protesta del paese. In un paese governato dalla minoranza bianca (lo Zimbabwe era una colonia britannica, ndr) iniziò a prendere sempre più quota il nazionalismo africano. Con il timore di subire rivolte, l’allora primo ministro Ian Smith proclamò l’indipendenza dalla Corona del 1965, anche se essa venne riconosciuta a livello internazionale solo nel 1980.
A indipendenza proclamata, il leader politico instaurò un regime pressoché uguale all’apartheid presente in Sud Africa. Come presumibile, tale imposizione portò in poco tempo all’aumento delle tensioni, che sfociò nello scoppio di una guerra civile. Tale conflitto portò alle luci della ribalta proprio Robert Mugabe, che divenne una figura di spicco della rivolta, e nel 1964 venne arrestato e condannato a 10 anni di carcere. Dopo anni di guerra che portarono a quasi 30mila morti, nel 1979 le due parti firmarono la tregua con conseguente avvio di un processo di transizione, che portò alla conferma dell’indipendenza dal Regno Unito nel 1980.
Con il distacco dalla Corona portato a termine, nell’aprile del 1980 Robert Mugabe, una delle figure di spicco della guerra civile, venne eletto primo ministro dello Zimbabwe. Dopo un breve inizio in cui la via politica intrapresa sembrava essere quella del dialogo, ben presto essa si avviò sulla strada della violenza e dell’intimidazione. Il governo Mugabe, tra le altre cose, legittimò il massacro della popolazione Ndebele nella regione del Matabelend, dove era nato Joshua Nkomo, leader dell’indipendenza e diretto rivale politico di Mugabe. Questo fu un vero e proprio genocidio, che portò all’uccisione di oltre 20mila persone. Nel corso del suo mandato, Robert Mugabe affermò la sua figura politica con un’importante riforma del sistema scolastico del paese, portando lo Zimbabwe ad avere tutt’oggi uno dei più alti tassi di alfabetizzazione dell’Africa.
Nel 1987 Mugabe passò da primo ministro a presidente dello Zimbabwe. Carica confermata fino ai nostri giorni non sempre in maniera pulita, ma spesso ricorrendo a strumenti come intimidazione e brogli elettorali. In questo senso, uno degli episodi più importanti avvenne nel 2008: le forze di sicurezza al fianco di Mugabe uccisero migliaia di oppositori. Tale fatto portò Morgan Tsvangirai, il principale rivale, a ritirarsi dalla corsa alla presidenza del paese.
Negli ultimi anni, però, Mugabe si è progressivamente allontanato dalla politica del paese. In molti riconducono questa situazione alle grandi aspirazioni politiche di Grace Marufu, moglie del presidente dello Zimbabwe. Ciò nonostante, prima che avvenisse la presa di potere da parte dell’esercito, Mugabe aveva annunciato di volersi candidare alle prossime elezioni. Ovviamente ciò che è accaduto pochi giorni fa cambia tutto, e attualmente lo Zimbabwe si trova in piena rivoluzione, con il proprio presidente, e consorte, ai domiciliari o, secondo altre fonti, addirittura scappati nella vicina Namibia, e un futuro del tutto incerto.
Marco Razzini
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