«Superare sovrapposizioni e mettere in campo il massimo del coordinamento» è questo lo spirito della Direttiva che vedrà una dislocazione dei comparti sul territorio nazionale.
In occasione dell’annuale conferenza stampa di Ferragosto, il ministro dell’Interno Marco Minniti, presiedendo il Comitato nazionale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, ha illustrato i contenuti della Direttiva sui comparti di specialità della Forze di Polizia e sulla razionalizzazione della dislocazione dei presidi. Il numero uno dei Viminale si è, poi, detto soddisfatto analizzando il bilancio dei primi sette mesi di lavoro: «Abbiamo esaminato la situazione dell’ordine pubblico, è una situazione tranquilla: nei primi sette mesi abbiamo avuto il quadro di un Paese accogliente, con livelli buoni di sicurezza». La Direttiva, varata proprio il 15 agosto in attuazione degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 177/2016, ha immediatamente ottenuto il parere favorevole del CNOSP e presenta come obiettivo primario il massimo coordinamento delle Forze di Polizia, affinché siano più ampiamente presenti su tutto il territorio nazionale. Il provvedimento, inoltre, muovendosi nella cornice dei precedenti atti di indirizzo, ne attualizza i contenuti alla luce dei mutamenti avvenuti nello scenario economico e sociale del Paese e dell’evolversi della minaccia criminale.
Con il benestare del capo della Polizia, Franco Gabrielli, e del comandante generale dei Carabinieri, Tullio Del Sette, la direttiva «privilegerà l’impiego della Polizia di Stato nei comuni capoluogo e dell’Arma dei Carabinieri nel restante territorio». Non è, tuttavia, da considerarsi un fulmine a ciel sereno dal momento che gli addetti ai lavori ben sanno che da oltre quarantanni vengono decantate periodicamente vere e proprie grida “manzoniane” in materia di coordinamento. Il pioniere dell’iniziativa fu Giorgio Napolitano, allora ministro dell’Interno del primo governo Prodi. Con un decreto del 1998, dispose che il presidio dei centri urbani dovesse essere effettuato dalla Polizia, ma mozione di sfiducia fece cadere il governo e la situazione restò immutata. Quasi otto anni dopo, nel 2006, fu il forzista Beppe Pisanu, capo del Viminale del Governo Berlusconi, ad emanare direttive analoghe. Analogo fu anche il risultato: la prematura fine della legislatura non permise le modifiche. Ora è Minniti che, con la nuova direttiva, auspica il superamento delle sovrapposizioni fra le forze armate.
Nella prima parte, il decreto legge, si declinano le modalità con cui la Polizia di Stato, l’Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza dovranno coordinare l’espletamento dei rispettivi servizi in tutti quei settori in concorso fra di loro, deputati alla tutela delle frontiere e delle comunicazioni, della sicurezza in ambito stradale e ferroviario, oltre che della sicurezza sul lavoro, delle sofisticazioni alimentari e della tutela del patrimonio artistico, culturale ed ambientale. I criteri per la ripartizione terranno conto delle trasformazioni che, sul piano organizzativo, hanno interessato ciascuno dei suddetti settori e, soprattutto, guarderanno all’esigenza di valorizzare le vocazioni specialistiche e le capacità operative. Nella seconda parte, invece, la direttiva individua i criteri per razionalizzare la dislocazione dei presidi delle Forze di Polizia, con l’obiettivo di assicurare una presenza coordinata che privilegia l’impiego della Polizia di Stato nei comuni capoluogo e dell’Arma dei Carabinieri nel restante territorio. Sulla base di parametri oggettivi, connessi alle condizioni socio-economiche e infrastrutturali della criminalità, il modello proposto da Minniti si dice volto ad assicurare anche il pieno e reciproco scambio informativo.
Pur avendo ottenuto il nullaosta del Generale Del Sette, l’idea di privilegiare l’impiego della Polizia di Stato a discapito dell’Arma ha suscitato non poche proteste. La politica stessa non ne è stata immune, infatti, il primo a criticare la decisione del Ministro dell’Interno è stato l’onorevole Edmondo Cirielli, ufficiale dei Carabinieri in aspettativa per il mandato parlamentare nel gruppo Fratelli d’Italia, il quale ha parlato di una scelta «gravissima» volta a soddisfare il «vecchio piano comunista per ruralizzare l’Arma».
Francesca Santi
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