Ad oggi in Italia le manifestazioni di fascismo non sono del tutto impunite, anzi: ai sensi della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione «È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista». La norma trova poi maggiore sbocco nella legge n. 645 del 1952, meglio conosciuta come Legge Scelba. L’art. 1 della stessa persegue penalmente la riorganizzazione del partito con cui Mussolini ascese al potere in Italia nel ventennio antecedente la seconda guerra mondiale, l’art 4 l’apologia di fascimo, intendendosi per apologia qualsiasi forma di «propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità ideate nell’art. 1». E ancora l’art. 5, primo nemico di chiunque partecipi «a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste».
La proposta di legge è sostanzialmente molto semplice in quanto contiene un solo articolo: “Nel capo II del titolo I del libro secondo del codice penale, dopo l’articolo 293 è aggiunto il seguente: Art. 293-bis. Propaganda del regime fascista e nazifascista – Chiunque propaganda le immagini o i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero delle relative ideologie, anche solo attraverso la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti, ovvero ne richiama pubblicamente la simbologia o la gestualità è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
La pena di cui al primo comma è aumentata di un terzo se il fatto è commesso attraverso strumenti telematici o informatici”.
«Crediamo nella democrazia liberale. Non si può avere paura delle opinioni degli altri, né punirle. Se proprio dovesse essere necessario, sarebbe opportuno colpire chiunque propagandi qualsiasi forma di totalitarismo,non avete il coraggio di fare le cose fino in fondo. Vergogna – riporta L’Espresso – è una pantomima», queste le parole di uno dei deputati contrari a questo disegno di legge quale Rampelli (Fratelli d’Italia). C’è poi chi la commenta con ironia, come Francesco Paolo Sisto (Forza Italia) che afferma come «A questo punto» proibirebbe «l’ingresso al Colosseo: è il simbolo per eccellenza di quell’impero romano a cui il fascismo si è tanto ispirato». Saltamartini (Lega Nord), invece, analizza la questione da un’altra prospettiva: «Con questa legge dite agli italiani che i cattivi sono quelli che vendono una bottiglia con la faccia di Mussolini sopra. È un vergognoso dibattito su un elemento di folklore».
L’arringa difensiva più forte e simbolica viene fatta però da Ignazio La Russa (Fratelli d’Italia): «Non comprendiamo perché dopo 75 anni sia più urgente discutere di propaganda fascista che dei veri problemi che attanagliano il paese. Non vietate solo parlare, dire, scrivere, disegnare, scolpire, cose che non vi piacciono a questo regime. Ma vietate – riporta L’Espresso – anche una gestualità. Non si è mai visto un Parlamento che imponga a una persona come muoversi. Italiani, state attenti! Se alzate troppo il mento rischiate due anni di galera solo perché assomigliate a Mussolini». La Russa, alla fine, ha pure emulato il saluto romano.
Tra i deputati che hanno appoggiato il disegno di legge vi sono stati invece onorevoli quali Massimo Bianconi (Gruppo Misto): «Grazie Fiano. Con questo provvedimento verrà sgombrato il campo della destra di tutti quei cialtroni che vanno in giro con il braccio teso. Così a destra si potrà tornare a parlare di cose serie». Più moderata è stata invece la risposta di Arcangelo Sannicandro (Articolo 1 – Movimento Democratico e Progressista): «Non si vuole limitare nessuna opinione. In questa legge però manca un impegno del governo ad educare le nuove generazioni all’antifascismo». «Non introduciamo un reato di opinione, né puniamo chi vende chincaglierie. Vogliamo solo punire chi fa propaganda con questi strumenti», conclude Verini, deputato del Partito Democratico.
I Grillini si sono schierati, comunque, a favore di chi era contrario a questo disegno di legge, spiegando come «condotte meramente elogiative, o estemporanee che, pure non essendo volte alla riorganizzazione del disciolto partito fascista, siano – riporta L’Espresso – chiara espressione delle retorica di tale regime o di quello nazionalsocialista tedesco». Già questo disappunto da parte dei pentastellati era stato manifestato in commissione Affari Costituzionali.
Che in Italia ancora vi siano ardui sostenitori del fascismo o, comunque, uomini e donne che rimpiangono il ventennio fascista è cosa nota: alle amministrative 2017 a Sermide e Felonia è stata persino presentata una lista il cui nome comprendeva l’inciso “Fasci italiani del lavoro“; e ancora tante volte la lista “Fascismo e Libertà“, il cui simbolo peraltro è il fascio littorio, ha cercato di presentarsi alle elezioni. Eppure la prima lista è stata accettata, la seconda no (a meno di rimozione della parola “Fascismo” dal nome). Sorge quindi spontanea una domanda, perchè il fascio littorio no? La risposta potrebbe sembrare più semplice di quanto si possa pensare: come ha spiegato nel 1994 il Consiglio di Stato – secondo quanto riporta tpi.it – il fascio littorio, esposto separatamente da altri simboli che lascino pensare al fascismo, non è di per sé vietato. Tanti simboli del regime mussoliniano, infatti, sono tratti dal glorioso impero romano (saluto in primis) a cui Ottaviano Agusto diede vita ed Odoacre (limitatamente a quello d’Occidente) pose fine.
Basta guardare le dichiarazioni sopra citate per capire come il Parlamento sia a tutti gli effetti lo specchio dello Stivale, diviso da una proposta di legge che alcuni osannano e altri vessano. La legge, definita da alcuni liberticida, rema contro chi ostenti o rimembri in modo alcuno il partito di Benito Mussolini e/o di Adolf Hitler: c’è chi parla di folklore e chi di memoria. Prima di tutto, però, dovrebbe parlarsi di libertà, un concetto così lato e ampiamente tutelato che non può agire soltanto verso un’unica direzione, quella della maggioranza. Tizio è libero di pensare che il regime fascista fosse giusto, ma Tizio è legittimato a manifestare pubblicamente questo suo pensiero? Caio, nostalgico dei totalitarismi del secondo grande conflitto bellico, che vuole aprire un esercizio commerciale dedito alla vendita di oggettistica, può esporre tazze e bicchieri che raffigurino Hitler? Certamente dittature di destra (e di sinistra) hanno sempre mietuto vite, perchè ogni forma di totalitarismo è senz’ombra di dubbio errata, ma, a prescindere da ciò, in Italia l’apologia di fascismo è già un reato: la legge Fiano non introduce nulla di così esclusivo, rispetto la legge Scelba. La volontà di non commettere gli stessi errori del passato è stata tradotta in dura lex anni fa dal Parlamento italiano. Quindi cos’è più giusto chiedersi? Se la Fiano è liberticida o meno? Oppure perchè nel 2017, più di 70 anni dopo, si debba ancora pensare a combattere spassionati sostenitori di un’ideologia estremista (di destra nel caso specifico)?
Francesco Raguni
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