Si chiama Mark Rutte l’uomo a cui il norvegese Stoltenberg passa il testimone. Dopo dieci lunghi anni, Stoltenberg lascia la guida della Nato, ma “in buone mani”, come afferma lui stesso.
Mark Rutte, manager della multinazionale Unilever, è stato premier dei Paesi Bassi dal 2010 al 2024. Non è il primo olandese a ricoprire la carica di segretario generale dell’Alleanza: prima di lui, a ritroso, Jap de Hoop Scheffer (2004-2009), Joseph Luns (1971-1984) e Dirk Stikker (1961-64). Noto al Consiglio Europeo per la padronanza dei dossier, è molto apprezzato dalla stampa. Non a caso è stato soprannominato “Teflon” per la sua capacità di risolvere qualsiasi questione politica grazie alla sua grande abilità nella mediazione. Anche l’Italia conobbe la sua grandezza: nel 2020 strinse un accordo con Giuseppe Conte su Next Generation Eu, che dava all’Italia oltre 200 miliardi di euro raccolti emettendo Eurobond.
Costruttore di consenso, tessitore di coalizioni, grande mediatore e abile diplomatico, sembra la persona perfetta per guidare eccellentemente l’Alleanza, che conta ben trentadue Paesi. Il neo segretario afferma che farà del suo meglio “perché il legame transatlantico resti solido come una roccia“, per poi passare all’elogio del suo predecessore: “Hai mantenuto questa grande Alleanza sulla giusta strada in tempi turbolenti. In gran parte grazie a te, la Nato ora è più grande, più forte e più unita che mai. È un grande onore succedere a te come segretario generale”.
Succedere a Stoltenberg non sarà certo un’impresa facile. L’ex segretario ha guidato la Nato in un periodo storico molto delicato, segnato dal conflitto russo-ucraino. Il politico norvegese ha, inoltre, gestito l’adesione di quattro nuovi Paesi membri (Montenegro, Macedonia del Nord, Finlandia e Svezia) e ha retto alla presidenza di Donald Trump negli Stati Uniti.
Rutte dovrà affrontare tener testa a varie sfide: la Nato oggi deve confrontarsi con una Russia “revisionista” e una Cina “assertiva”, con vari attacchi alla democrazia e con un imminente esaurimento delle scorte militari.
La prima questione che merita grande attenzione da parte della Nato riguarda l’Ucraina. Se a novembre vincerà Donald Trump, spiega van Rij, “troverà amici nei governi di Ungheria, Italia e Paesi Bassi, che sono anche scettici sul sostegno all’Ucraina e vicini alla Russia nel caso dell’Ungheria, rendendo la sfida ancora più grande per Rutte“. Alla fine delle presidenziali statunitensi, a prescindere dal risultato, “le voci che chiedono la fine della guerra potrebbero diventare più forti.”
Rutte dovrà trovare il modo di “aumentare il supporto militare all’Ucraina”, poiché se la Russia vincesse il conflitto, il prezzo da pagare per l’Europa sarebbe altissimo. “Ci sarebbero – prevede van Rij – minacce dirette alla sicurezza del fianco orientale della Nato e un numero enorme di rifugiati in fuga dall’Ucraina, un Paese di 38 milioni di abitanti, per cercare rifugio in tutta Europa, in un momento di crescente sentimento anti-immigrazione in molti Paesi europei”.
Inoltre, chiunque salga al potere negli Stati Uniti, le risorse americane sarebbero sempre più dirette verso l’Asia-Pacifico, dunque Rutte dovrà essere abile a “mantenere gli Stati Uniti impegnati in Europa, mentre l’Europa impara a badare a se stessa”.
Secondo van Rij, i principali problemi della Nato “includono la difesa aerea del fianco orientale, dove la Nato ha solo il 5% della difesa aerea necessaria”. Inoltre, è necessaria una migliore cooperazione tra Ue e Nato, da sempre professata a parole ma mai trasformatasi concretamente in realtà.
Sono dunque tre le questioni sulle quali Rutte dovrà concentrarsi nel corso del suo mandato. Se ci riuscirà, la Nato sarà in grado di affrontare nel miglior modo possibile le sfide che Russia e Cina le pongono continuamente.
Fonte foto in evidenza: adnkronos.com
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