Pochi giorni dopo l’attentato di Stoccolma del 7 aprile scorso, il ministro degli Interni, Marco Minniti, ha rilasciato alcune dichiarazioni sul tema della sicurezza in Italia. L’ultima strage, verificatasi nel cuore dell’Europa, ha segnato l’ennesimo caso di impotenza delle autorità dinnanzi a dinamiche di stampo terroristico che presentano dei caratteri sempre più imprevedibili. A Stoccolma, infatti, un camion si è lanciato in corsa verso una folla di passanti presso l’area pedonale di un centro commerciale; una vicenda simile, peraltro, ha permesso che si consumasse un’altra tragedia solo pochi mesi fa a Berlino.
«L’Italia ha un sistema di difesa di massimo livello, ma l’allerta è altissima e dunque dobbiamo intensificare le misure di protezione. Abbiamo bisogno di tenere insieme tre importanti attività: intelligence, prevenzione e controllo del territorio» ha dichiarato Minniti, riconoscendo l’entità dell’emergenza e promettendo nuovi interventi che dovrebbero portare, con estrema tempestività, la garanzia di una maggiore sicurezza. Tuttavia, non sempre è possibile prevedere e sventare possibili minacce, poichè spesso messe in atto secondo le metodologie più disparate e da individui nati e cresciuti presso le città di volta in volta colpite. In merito il ministro degli Interni si è così espresso: «Si conferma quanto abbiamo rilevato dall’attacco di Charlie Hebdo in poi, cioè che i terroristi sono persone che vivevano negli Stati dove hanno poi colpito. Si conferma che l’equazione terrorismo e immigrazione è sbagliata e invece è sempre più evidente il rapporto tra terrorismo e mancata integrazione. Proprio per questo è importante ribadire che l’accoglienza ha un limite nella capacità di integrazione». Dalle dichiarazioni di Minniti, pertanto, emerge l’elemento che potrebbe stare alla base del terrorismo: la mancata integrazione. Si può quindi affermare che una politica di accoglienza senza restrizioni pregiudichi i processi di corretta integrazione sociale?
Difficile trovare una risposta. Eppure, appare evidente di come le misure d’accoglienza fino ad ora adottate non appaiano più condivisibili presso il Viminale. Dall’inizio del 2017, si registra il numero di 32 espulsioni preventive dal territorio nazionale per ragioni di sicurezza. Secondo Minniti, le espulsioni preventive costituiscono un importante mezzo di protezione per evitare la radicalizzazione di potenziali piani di attacco terroristico entro i confini italiani. Pertanto, sembra massima la propensione del Governo ad occuparsi della salvaguardia dello Stato contro la minaccia jihadista che ha colpito attualmente tutti i principali paesi europei. Pronto anche il decreto legislativo sulla sicurezza urbana che persegue le stesse finalità. In definitiva, saranno le espulsioni e le restrizioni all’accoglienza a limitare le potenziali minacce terroristiche o il fenomeno trova radici più profonde che non è possibile rimuovere con semplici provvedimenti di urgenza? Il quesito al momento non trova esaustiva risposta.
Francesco Laneri
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