Dopo il risultato del referendum del 4 dicembre scorso, che ha visto prevalere il No, è caduta anche la proposta di una nuova legge elettorale. Il cosiddetto Italicum, difatti, è diventato obsoleto, in quanto pensato per l’elezione della sola Camera, in linea con il tema del referendum. Dal 5 dicembre a oggi, è iniziata la fase di ricerca di una nuova legge elettorale che possa portare gli italiani al voto. L’ultima proposta, in ordine cronologico, è arrivata da Matteo Renzi ed è quella di riesumare il Mattarellum, legge elettorale in vigore in Italia dal 1993 al 2005, successivamente sostituita dalla legge Calderoli, noto come Porcellum. Come si può dedurre dal nome, il Mattarellum fu una legge proposta dall’allora deputato, oggi presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. La peculiarità di questa legge è che era in parte maggioritaria e in parte proporzionale e ciò le valse anche il nome di Minotauro. Seguendo l’analisi di TPI, esaminiamo nel dettaglio questa legge elettorale.
Come appena detto, è in parte maggioritaria e in parte proporzionale. Più precisamente, il rapporto è di due terzi maggioritario e un terzo proporzionale. Ciò significa che due terzi dei seggi (rispettivamente 475 per la Camera e 232 per il Senato) vengono assegnati con un sistema maggioritario attraverso dei collegi uninominali in cui viene eletto il candidato che riceve più voti. I restanti seggi, invece, vengono assegnati con un sistema proporzionale che differisce da una camera all’altra.
I due terzi dei seggi, pari a 475, vengono assegnati con un sistema maggioritario. Il territorio italiano viene diviso in 475 collegi (composti da circa 100mila persone aventi diritto di voto); in ognuno dei quali si tengono elezioni a turno unico, senza ballottaggio e i candidati possono rientrare nelle liste di solo un collegio. Così facendo, chi otterrà la maggioranza dei voti nel rispettivo collegio, verrà nominato deputato. In ogni collegio, i partiti possono decidere se candidarsi con il proprio simbolo, oppure in coalizione con altri partiti, esponendo un simbolo comune o tutti i simboli della coalizione a favore del candidato.
I restanti, un terzo dei seggi pari a 155, vengono assegnati con il sistema proporzionale. Tali seggi vengono attribuiti, a livello nazionale, a tutte le liste che hanno ottenuto un quantità di voti validi uguale o superiore al 4%. I candidati eletti con tale sistema, verranno inseriti nelle liste bloccate nelle 26 diverse circoscrizioni italiane. Per poterli votare, viene fornita una seconda scheda, totalmente diversa da quella utilizzata per votare nei collegi uninominali. Ciò significa che questo rappresenta un voto diverso e completamente scollegato da quello dei collegi. Il problema principale di tale complicato sistema proporzionale è il rischio dello scorporo.
Lo scorporo, nel contesto del sistema proporzionale, rappresenta un meccanismo di riequilibrio a favore di quei partiti che vengono penalizzati dal sistema maggioritario. Come è facile dedurre, il sistema maggioritario tende a favorire i grandi partiti, andando conseguentemente a penalizzare quelli medio/piccoli. Sostanzialmente, il meccanismo dello scorporo prevede che ogni candidato nei collegi uninominali debba essere collegato a una lista del sistema proporzionale. I voti ottenuti dal candidato eletto nel suo collegio, vengono sottratti al totale dei voti ottenuti dalla lista a cui è collegato.
Dunque, i partiti che eleggono molti deputati potrebbero vedere ridursi il proprio risultato per quanto riguarda la quota proporzionale. Per questo, nel 2001 centrodestra e centrosinistra trovarono una via di fuga, un sistema per aggirare il meccanismo dello scorporo. Nacque il mito delle “liste civetta”: la maggior parte dei candidati, che essi fossero di centrodestra o centrosinistra, non facevano riferimento ai propri partiti. Essi erano collegati a liste sconosciute. L’obiettivo dei partiti era quello di non intaccare il proprio risultato. Infatti, seguendo quanto spiegato prima, i voti ottenuti dai candidati eletti andavano a sottrarsi ai voti raccolti dalle “liste civetta”, senza inficiare quelli ottenuti dai grandi partiti.
Così come per la Camera, anche nel Senato sussiste il rapporto due terzi maggioritario e un terzo proporzionale. Dunque, i due terzi dei seggi, pari a 232, vengono assegnati tramite i collegi uninominali, come ampiamente analizzato prima.
Diversa, invece, la questione relativa al sistema proporzionale. Per il Senato non sussiste un procedimento simile a quello della Camera, bensì uno diverso, definibile come ripescaggio. Prima di tutto, come prevede la costituzione, i seggi vengono assegnati non su scala nazionale, ma su scala regionale. In ogni regione, vengono sommati i voti dei candidati non eletti. In base al risultato, si attribuiscono i seggi mancanti attraverso il metodo D’Hondt, ovvero un metodo matematico che si basa sulla proporzionalità.
Con il Porcellum, quando un parlamentare interrompeva il proprio mandato dimettendosi o per forza maggiore, subentrava al suo posto il primo dei non eletti nella sua lista. Questo sistema semplice e lineare viene ripreso, per lo stesso scopo, anche nel Mattarellum, ma solo per gli eletti nella quota proporzionale.
Questione diversa se a interrompere il mandato era un parlamentare eletto nella quota maggioritaria. In tal caso, si tenevano elezioni suppletive. In sostanza, venivano ripetute le elezioni nel collegio a cui apparteneva il candidato. Il vincitore subentrava portando a termine la legislatura.
Il funzionamento base della legge elettorale è questo. Tuttavia, qualora il Mattarellum venisse realmente adottato, è piuttosto facile immaginare che alcuni elementi verranno modificati. Ad esempio, una differenza importante sarebbe l’inserimento dei seggi per gli italiani all’estero, presenti in costituzione dal 2006. Un altro tema che verrebbe affrontato sarebbe quello dello scorporo. Come abbiamo precedentemente analizzato, questo meccanismo veniva aggirato con le “liste civetta”, dunque è possibile ipotizzare una sua modifica o definitiva abolizione. Inoltre, si dovrebbe pensare a una revisione dei collegi uninominali, in quanto la demografia del Paese è cambiata e quindi potrebbero esserci degli squilibri.
Dopo la proposta di Matteo Renzi nel corso dell’assemblea del Partito Democratico del 18 dicembre scorso, sono arrivati riscontri sia positivi sia negativi in merito. Il leader della Lega Nord Matteo Salvini si è detto «pronto a firmare qualsiasi proposta di legge per un ritorno al Mattarellum», mentre Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, ha dichiarato che «va bene se significa che torniamo a votare immediatamente». Anche nel Partito Democratico prevale l’ottimismo verso il ritorno di questa legge elettorale.
Opinione diversa in casa Forza Italia, dove Maurizio Gasparri ha definito il Mattarellum «un sistema elettorale non riproponibile». Anche i deputati del Movimento 5 Stelle sono totalmente contrari: «Siamo pronti al Vietnam parlamentare per contrastare la legge elettorale che il PD vuole approvare contro il Movimento Cinque Stelle».
L’osservazione principale di chi si oppone al Mattarellum è che in un contesto tripolare, tale sistema non può assicurare la maggioranza assoluta. Soprattutto nel caso in cui il tripolarismo non si esprimesse solo in chiave politica, ma anche in chiave geografica. Per il momento è solo una proposta e come tale ha ottenuto riscontri positivi e negativi. Indipendentemente dal sistema che verrà scelto e utilizzato, è chiaro che saranno necessari ancora molti mesi prima di portare gli italiani al voto.
Marco Razzini
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