BRUXELLES – Crisi del debito greco, flussi migratori, lotta al terrorismo, crescita dei partiti xenofobi e nazionalisti: i problemi dell’Unione Europea sembrano non finire mai. A questi si aggiunge l’eventuale abbandono di un importante Stato membro dalla costruzione europea: si tratta della cosiddetta “brexit”, ovvero la possibilità da parte del Regno Unito di uscire dall’UE. Il primo ministro britannico aveva promesso a tal proposito un referendum entro il 2017, scadenza forse anticipata addirittura all’anno in corso. Alle richieste di David Cameron, considerate da quest’ultimo i requisiti fondamentali per la permanenza del Regno Unito, ha risposto il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk con una lettera indirizzata ai capi di Stato e di Governo dell’UE.
«Mantenere l’unità dell’Unione Europea è la più grande sfida per tutti noi e questo è l’obiettivo centrale del mio mandato» si legge nell’incipit, nel quale si evidenzia come «la nostra comunità di interessi è molto più forte di quello che ci divide». I passi fatti dalle istituzioni europee verso il premier inglese sono importanti. Innanzitutto si prospetta la possibilità che, in situazioni emergenziali, il Paese possa restringere l’accesso al welfare ai cittadini UE che si trasferiscono nel Regno Unito per un periodo massimo di quattro anni. Vi è, poi, la crescita del ruolo dei Parlamenti nazionali, ai quali si concede la possibilità di stoppare le proposte legislative della Commissione, qualora esse non rispettino il principio di sussidiarietà. Un altro punto di disaccordo sollevato dal Governo di Downing Street riguardava la strada verso «un’unione sempre più stretta» scritta nei Trattati. Per giungere a un’intesa, Tusk ha sostanzialmente ribadito come essa sia una necessità per i Paesi dell’Eurozona, ma non per tutti i 28 dell’UE. Infine, in tema di economia, si promette un rilancio sul tema della competitività economica, considerata come una priorità assoluta dei prossimi anni.
Il Consiglio e la Commissione hanno così provato a rispondere alle richieste britanniche in tema di immigrazione, governance, sovranità e competitività. In particolare, Juncker ha definito l’accordo offerto «equo per il Regno Unito e per gli altri 27 Stati membri». Su un tema-chiave come quello di un’unione sempre più profonda, il presidente della Commissione ha ricordato che la bozza proposta «riconosce che se il Regno Unito ritiene di essere arrivato al limite dell’integrazione va bene, ma nel frattempo chiarisce che gli altri Stati possono avanzare verso una maggiore integrazione», così da poter «affrontare le preoccupazione di Cameron nel rispetto dei Trattati». Da parte sua, il primo ministro britannico affida ad un tweet la reazione a caldo, affermando che vi sono «progressi reali in tutte e quattro le aree in cui la Gran Bretagna ha bisogno di cambiamenti», anche se «resta molto lavoro da fare».
Lorenzo Guasco
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