LONDRA − La Brexit, alla fine, sta risultando più facile a dirsi che a farsi: infatti, l’Alta Corte britannica ha chiarito come sia necessario il benestare di Westminster inglese per dare il via alle procedure di uscita dall’Unione Europea. In poche parole, il Regno Unito per appellarsi all’art. 50 del Trattato di Lisbona – che disciplina il recesso dello Stato Membro dall’UE – dovrà prima ottenere il sì del Parlamento nazionale. Secondo quanto riporta repubblica.it, tale sentenza dell’Alta Corte sarebbe stata emessa alla luce di un ricorso, presentato da Gina Miller, businesswoman cinquantenne, contro la decisione del Premier britannico, Theresa May, di recedere senza sottoporre il tutto al voto parlamentare. E così, a ricorso accettato, uscire dall’Unione non sembra più così semplice.
Adesso la palla passa alla May: can she score? Difficili a dirsi. La sua proposta (e idea) di Brexit dovrà essere sottoposta prima alla Camera dei Comuni e poi a quella dei Lord e, naturalmente, essere approvata. Non sono da escludere eventuali modifiche alla proposta, anche radicali: ad esempio si potrebbe decidere di restare all’interno del mercato comune ovvero tornare sui propri passi e non compiere alcun tipo di recesso. Il Governo, tuttavia, non vuole darsi per vinto e avrebbe già deciso di presentare un ricorso in appello presso la Corte Suprema.
«Ricorreremo in appello contro questa sentenza. Il Paese ha votato per lasciare l’Unione Europea in un referendum approvato dal Parlamento e il governo è determinato a far rispettare il risultato del voto»: questo il comunicato del Primo Ministro May. Di parere diametralmente opposto è, invece, la Premier scozzese, Nicola Sturgeon, che – secondo quanto riporta repubblica.it – avrebbe spiegato come la sentenza sia «estremamente significativa» e testimoni «il caos e la confusione all’interno del governo di Londra», a sua detta i parlamentari del Partito Nazionale Scozzese «non vorranno certo votare per qualcosa che mina la volontà o gli interessi del popolo scozzese».
E mentre la strada per uscire si fa in salita, la Commissione Europea continua a guardare il tutto da parte estranea, astenendosi dal commentare quelli che delinea come «meccanismi costituzionali di uno Stato membro». Il Governo – che vorrebbe a tutti costi arrivare a marzo 2017 già pronto per avviare i negoziati di uscita, rispettando la tabella di marcia che si era prefissato – non deve però scordare che fino al completamento del recesso deve continuare a rispettare le norme comunitarie, in quanto il proprio Stato è ancora Membro.
Francesco Raguni
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Ti piacerebbe entrare nella redazione di Voci di Città? Hai sempre coltivato il desiderio di scrivere articoli e cimentarti nel mondo dell’informazione? Allora stai leggendo il giornale giusto. Invia un articolo di prova, a tema libero, all’indirizzo e-mail entrainvdc@vocidicitta.it. L’elaborato verrà letto, corretto ed eventualmente pubblicato. In seguito, ti spiegheremo come iscriverti alla nostra associazione culturale per diventare un membro della redazione.