Cambio di rotta per il partito di Matteo Salvini, che ha deciso di elidere il riferimento territoriale dal nome.
Al termine di una riunione del Consiglio federale nella sede di via Bellerio, il leader del Carroccio ha spiegato come le battaglie intraprese dalla Lega partito negli ultimi anni non fossero più endemiche alla sola zona Padana, bensì fossero dotate di rilevanza a livello nazionale. Per questo motivo, in piena coerenza con l’evidente mutamento politico, dopo quasi trent’anni lo storico partito di Umberto Bossi perde il noto riferimento territoriale. «Sono tre anni che la Lega si batte a livello nazionale per trasformare l’Italia in un paese federale, quindi contiamo di essere l’unica forza politica in Europa nel gruppo dei cosiddetti populisti che andrà al governo nei prossimi mesi» ha commentato Salvini.
Si tratta, dunque, di una chiara scelta elettorale poiché, secondo noti analisti del settore, una Lega senza “Nord” è molto più vicina a Forza Italia. Il partito leghista, infatti, raggiunge il 15,2% nelle intenzioni di voto, piazzandosi a meno di un punto di distanza da quello del Cavaliere. Tuttavia, tenendo ben presente il potenziale di Berlusconi, il leader del Carroccio si sarebbe tutelato, intraprendendo una via in grado di intercettare quanti più consensi. «La Lega è in crescita costante, ma se e quanto questa tendenza proseguirà in futuro dipenderà soprattutto dalla compattezza del movimento di fronte alla svolta del segretario» è l’opinione del sondaggista Roberto Weber, presidente dell’Istituto Ixè.
All’ottimismo di Salvini non tutti, però, hanno risposto nel medesimo modo. I presenti alla riunione di via Bellerio, infatti, hanno sottolineato l’amarezza dell’ex leader Umberto Bossi, secondo cui cancellare il “Nord“ dal nome significa eliminare anche un pezzo di storia di quello stesso partito: «La nostra gente è qua, i nostri voti sono qua e sono sempre stati qua, cioè al Nord» ha sentenziato, aggiungendo che piuttosto la parola “Nord” andrebbe scritta più in grande. Posizione analoga è quella dell’assessore lombardo Gianni Fava, che si dichiara contrario alla scelta di Salvini: «Le istanze storiche sono entrate nel DNA dei cittadini e i referendum per l’autonomia di Lombardia e Veneto ci hanno dimostrato come i nostri temi sono stati fatti propri da un elettorato che va oltre la nostra capacità elettorale. Abbandonare quella strada per sceglierne una con contorni non identificati sarebbe sbagliato». Dalla parte di Salvini si schiera, invece, il governatore Veneto Luca Zaia, secondo cui la Lega deve saper guardare avanti.
Nonostante la preoccupazione di molti attivisti, la scelta del segretario leghista, tuttavia, potrebbe non rivelarsi un salto nel vuoto. Secondo i dati degli istituti statistici, infatti, una Lega “nazionale” potrebbe raccogliere consensi anche in territori non sospetti, come Toscana, Umbria, Emilia-Romagna e Sardegna. Inoltre, estendendo la propria rete di utenza potrebbe pescare anche nel bacino elettorale penstastellato, molto sensibile ai temi di sicurezza e immigrazione. Senza dubbio il voto alle regionali in Sicilia, domenica 5 novembre, costituirà un importante banco di prova in vista delle elezioni del 2018.
Francesca Santi
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