Mercoledì 19 giugno la Camera dei deputati ha approvato in maniera definitiva il disegno di legge dell’autonomia differenziata, grazie alla quale alcune regioni potranno chiedere più autonomia su specifiche materie (tra cui, ad esempio, sanità e istruzione).
Tale disegno di legge faceva parte già del programma elettorale della coalizione di centrodestra per le elezioni del 25 settembre 2022. Presentato nel marzo del 2023, lo scorso gennaio ha ricevuto il via libera dal Senato.
In questo periodo, l’esame in Parlamento ha visto molte tensioni a causa dell’autonomia differenziata. I partiti d’opposizione hanno cercato di rallentare i lavori al Senato e alla Camera e un deputato del Movimento 5 Stelle è stato aggredito mentre consegnava la bandiera italiana al ministro Calderoli, sostenitore del nuovo disegno di legge.
Chi è favorevole all’autonomia differenziata sostiene che permettere alle regioni di avere più autonomia renderà migliori i servizi per i cittadini, usando le spese più efficacemente. Chi è contrario, invece, teme che questo potrebbe aumentare la disuguaglianza tra i territori e peggiorare servizi già carenti in alcune regioni.
In base al contenuto del disegno di legge approvato dal Parlamento, la nuova legge definisce – nel rispetto dell’articolo 116 della Costituzione – i principi generali da seguire per concedere maggiore autonomia alle regioni che ne fanno richiesta. Inoltre, stabilisce anche le procedure con cui dovranno essere approvati gli accordi tra lo Stato e le regioni richiedenti l’autonomia.
L’autonomia, infatti, si potrà concedere soltanto dopo aver determinato i LEP, ovvero i “livelli essenziali delle prestazioni“, in cui rientrerebbero i “diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale“. Dalla sanità ai trasporti e all’istruzione, i LEP sono i servizi ritenuti indispensabili dallo Stato per tutti i cittadini, senza distinzioni.
La Costituzione prevede che le regioni richiedenti l’autonomia trovino un’accordo con lo Stato. L’iter da seguire per l’approvazione di quest’intesa consiste, prima di tutto, nella deliberazione della richiesta da parte delle regioni al governo centrale. Questa richiesta sarà sottoposta al presidente del Consiglio e al ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, che dovranno avviare le trattative con le singole regioni.
Inizierà, quindi, il negoziato che, per quanto riguarda i LEP, si svolgerà su ogni singola materia su cui la regione chiede l’autonomia. Approvato lo schema di preliminare tra lo Stato e la regione richiedente, l’organismo della Conferenza unificata deve esprimere un parere sullo schema che potrà così passare in Parlamento, il quale avrà 90 giorni per esprimersi a riguardo.
Infine, l’intesa tra Stato e singola regione tornerà al Consiglio dei ministri per scrivere l’accordo definitivo e approvarlo. Spetterà poi alla Camera e al Senato confermare definitivamente l’accordo, che deve essere approvato a maggioranza assoluta.
L’intesa tra la regione e lo Stato non ha una scadenza indefinita nel tempo. Anzi, negli accordi si dovrà specificare la durata dell’intesa che non deve essere superiore a 10 anni. Gli accordi si possono modificare o possono terminare anche prima della scadenza. Se la regione, inoltre, volesse rinnovare l’accordo, deve fare richiesta 12 mesi prima della scadenza.
Nelle stesse ore del voto finale alla Camera, la Commissione europea ha bocciato senza appello il disegno di legge sull’autonomia differenziata. Nel “Report annuale sulle economie nazionali“, ha dedicato un paragrafo al ddl Calderoli, scrivendo che: “Nel gennaio 2024 il Senato ha approvato la legge per l’attuazione dei livelli differenziati di autonomia delle regioni a statuto ordinario, che potranno richiedere fino a 23 competenze aggiuntive e trattenere le risorse corrispondenti”.
“Il disegno di legge – continua il report della Commissione – include alcune tutele per le finanze pubbliche, come le valutazioni periodiche delle capacità fiscali regionali e i requisiti per i contributi regionali per raggiungere gli obiettivi fiscali nazionali. Tuttavia, sebbene assegni specifiche prerogative al governo nel processo negoziale, non fornisce alcun quadro comune per valutare le richieste regionali di competenze aggiuntive“.
La Commissione, dunque, teme un possibile aumento delle diseguaglianze che l’autonomia differenziata potrebbe causare all’Italia: “Le regioni potranno richiedere competenze aggiuntive — si legge nel report — solo una volta definiti i corrispondenti ‘livelli essenziali di servizi’. Poiché i LEP garantiscono solo livelli minimi di servizi e non riguardano tutti i settori, vi sono ancora rischi di aumento disuguaglianze regionali“.
Infine, la Commissione ha espresso anche i rischi che tale disegno di legge porterebbe all’architettura istituzionale del paese: “La devoluzione di poteri aggiuntivi alle regioni su base differenziata aumenterebbe anche la complessità istituzionale, comportando il rischio di costi più elevati sia per il settore pubblico che per quello privato“.
Fonte foto in evidenza: Pagellapolitica
Valentina Contarino
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