Fidesz, il partito dell’Alleanza Giovani Democratici-Unione Civica Ungherese ha vinto ancora una volta le elezioni parlamentari.
La coalizione, domenica 3 aprile ha raggiunto il 53,1% dei consensi, utili a dare il la quindi al quarto mandato consecutivo di Viktor Orban. Ma come é cambiato l’uomo politico in questi anni?
Nel 1989 l’attuale Presidente era un giovane attivista schierato in opposizione al regime comunista ormai morente. La prima parte della sua carriera politica é caratterizzata da idee basate sul liberalismo politico ed economico. Verso la fine degli anni novanta però comincia ad avvicinarsi ad ideali conservatori, in opposizione al governo di coalizione composto da socialisti post-comunisti e conservatori.
Il suo primo mandato nel 1998 ha visto L’Ungheria avvicinarsi all’occidente e assumere un ruolo chiave nelle dinamiche del contesto internazionale.
Terminata la legislatura nel 2002, Fidesz tornerà alla guida del Paese nel 2010, un anno dopo il trionfale successo alle elezioni europee.
Il ritorno di Orban al potere é caratterizzato da posizioni euroscettiche e di completo allontanamento da quelle liberali.
Una serie di interessi comuni in agenda politica tra cui il respingimento dei migranti e il rafforzamento delle identità nazionali avvicinano il Paese al gruppo di Visegrad composto da Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia.
Continua a mantenere una posizione ambigua all’interno dell’Unione Europea, usufruendo dei fondi e delle agevolazioni che hanno permesso un notevole sviluppo economico ma, nello stesso tempo non risparmiando critiche a “i burocrati” di Bruxelles, quasi come se ne fosse estraneo.
L’Ungheria é diventata membro dell’Unione Europea nel 2004. E’ entrata nell’area Schengen nel 2007, mentre come moneta corrente continua ad adottare il fiorino ungherese non l’euro.
Il primo ministro in questi anni ha criticato aspramente il politicamente corretto dell’Unione.
Tra le economie dei Paesi membri di Visegrad, quella ungherese é la più lenta dal punto di vista della crescita. Attraverso una logica paternalista Orban ha adottato una serie di provvedimenti economici a favore del ceto medio-basso.
Scegliendo una strategia populista e cercando di favorire il welfare state nazionale ha fatto breccia nel cuore del “popolo” ungherese.
In linea con la propria idea di nazionalismo ha osteggiato l’accoglienza dei migranti nel proprio territorio.
A maggio 2020 la Corte di Giustizia dell’Ue ha dichiarato l’uso delle “zone di transito” per trattenere i richiedenti asilo fossero una violazione del diritto europeo.
Con il tempo il grado di corruzione é cresciuto e l’Ungheria ha ricevuto numerosi giudizi sullo stato di diritto. Quest’ultimo, principio fondamentale dei Paesi membri dell’Unione é stato eroso a causa delle leggi che limitano la libertà di stampa e compromettono l’indipendenza della magistratura.
Proprio in virtù del non rispetto di alcuni principi fondamentali sta subendo il meccanismo di condizionalità da parte dell’Unione che bloccherebbe la concessione dei fondi. La misura é stata annunciata dalla Presidente della Commissione ed accolta dal primo ministro come una “misura sleale”.
L’ultimo successo elettorale é stato elogiato dagli esponenti della destra italiana Meloni e Salvini e dall’amico Vladimir Putin.
Da anni ormai ha anche ottimi rapporti con il presidente turco Erdogan.
A livello europeo l’Ungheria ha dovuto seguire la linea dettata da Bruxelles ma a livello interno Orban non ha promosso nessun tipo di sanzione alla Russia, né sta inviando aiuti militari all’Ucraina invasa. Unico leader di Visegrad a non sostenerla.
Il Presidente ucraino Zelensky é stato definito dallo stesso Orban, durante il suo discorso post vittoria come suo nemico.
Il primo ministro ha messo sotto il suo controllo l’intero sistema delle comunicazioni. Il Consiglio per i media ha il compito di vigilare tutti i mezzi di comunicazione e i suoi membri sono nominati direttamente dal leader di Fidesz.
I media indipendenti e d’opposizione sono quasi scomparsi di fronte al finanziamento da parte del governo di quelli più docili e assoggettati.
Questa sua strategia si é dimostrata vincente in termini elettorali e di consenso.
Le stesse elezioni, sia quelle passate che quelle recenti sono state condotte con metodi oscuri.
La valutazione dell’OSCE del 2018 indica che ai cittadini non era consentito partecipare all’osservazione elettorale nei seggi elettorali e che la “retorica intimidatoria del governo” scoraggiava il coinvolgimento del pubblico in attività legata alle elezioni. Numerose commissioni elettorali locali hanno operato senza un’opposizione o una presenza apartitica durante le urne del 2018.
I venti di guerra che soffiano in Europa sono stati sfruttati da Orban per porsi come una figura rassicurante in un momento così difficile. L’opinione pubblica é spaventata poiché convinta che ci sia il rischio di un qualche tipo di coinvolgimento.
Proprio come ogni buon populista fa, Viktor Orban ha cavalcato le onde della paura del suo popolo riuscendo con successo a mantenere il suo potere.
Se da un lato ha sicuramente vinto, dall’altro la sua é stata una vittoria smorzata dall’esito del referendum anti LGBT. Non si é superato il quorum.
Tra le tante battaglie del partito Fidesz spicca quella contro la comunità LGBT, portata avanti con una serie di provvedimenti tra i quali quello che vieta la “propaganda omosessuale”.
Nonostante il risultato negativo dell’ultimo referendum di certo la battaglia di distruzione dei diritti civili continuerà.
Il populismo nazionalista e conservatore é sempre più dilagante in Europa, si pensi alla Polonia per esempio. Questo dovrebbe interrogarci sui rischi per la democrazia, ormai in crisi.
Margherita Mantione
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