Giorno dopo giorno sempre più manifestanti scendono per le strade della città. A pochi giorni dall’anniversario del passaggio con la Cina, dalla colonia inglese, Hong Kong attira l’attenzione di tutto il mondo. La semiautonoma è ormai un tema sulla bocca di tutti all’estero: mentre agenti e studenti si affrontano per le strade, i politici iniziano a parlare.
Il giorno in cui Hong Kong venne dichiarata territorio cinese, e non più colonia britannica, era il 1 Luglio del 1997. Nello stesso giorno, tuttavia, a distanza di 22 anni, continuano ad aumentare le rivolte: studenti e agenti della polizia si scontrano in modo costante.
Nel 1 Luglio, durante la protesta del corteo, un gruppo di studenti si stacca dalla marcia e inizia la sua irruzione nel Parlamento. Nel mentre la marcia della protesta è proseguita, anche se costretta a cambiare percorso. Poche ore dopo la polizia risponde usando spray urticanti e manganelli. I primi a subire di questi scontri sono stati piccoli gruppi di studenti, tutti fuori il parlamento, che impedivano il passaggio tra alcune piccole strade della città. Da questo scontro più di due dozzine di poliziotti sono rimasti feriti, dall’altra parte alcuni studenti hanno riportato danni ma non troppo gravi.
Il giorno seguente, il 2 luglio, la polizia di Hong Kong libera del tutto il Parlamento, ma l’esito degli scontri è preoccupante: oltre cinquanta feriti tra uomini e donne.
Dal 3 Luglio, infine, i rappresentanti dei maggiori paesi europei e asiatici hanno iniziato a parlare ai microfoni, ad accusarsi e a rilasciare dichiarazioni. Mentre Jeremy Hunt, figura del Parlamento britannico, si schiera dalla parte di Hong Kong, portando i parlamentari e ambasciatori cinesi a rispondere. Uno dei commenti più rilevanti è stato quello dell’ambasciatore Liu Xiaoming, il quale ha voluto ricordare che sotto la Corona britannica, prima del 1997, le manifestazioni erano illegali a Hong Kong.
La premier filo-cinese non stava convincendo i cittadini di Hong Kong un mese fa, non li ha convinti neanche oggi. Le sue idee rimangono le stesse di prima: vuole convincere la gente che la legge sull’estradizione serve.
Il suo obiettivo resta quello di convincere i cittadini che nessun politico si approfitterà della situazione, e che tutto viene fatto per aiutare la polizia, gli abitanti e la città. Però, a queste parole, le rivolte sono aumentate anziché diminuire, perché a schiantarsi al suolo è anche la fiducia che i cittadini hanno verso la premier. Solo una piccola schiera approva la legge sull’estradizione, mentre la polizia continua a fare il suo dovere e cerca di mantenere ordine tra le strade.
Carrie Lam ha riconosciuto, in ogni caso, le proteste pacifiche, ma non nei confronti delle proteste violente. Le sue parole sono state molto chiare: “Perseguiremo ogni atto illegale”. In riferimento ai protestanti pacifici ha invece dichiarato “Sono disposta ad ascoltare le richieste dei cittadini, compresi i giovani”. Ma i graffiti sono ancora più diretti, fanno capire chiaramente che il problema è proprio Lam.
La premier ha ritirato la legge sull’estradizione, ha parlato ai cittadini, ha cercato di riguadagnare un briciolo di fiducia. Nulla di tutto questo ha funzionato: tutti i protestanti, che siano questi violenti o pacifici non cambia, nessuno vuole più la premier.
La motivazione di ciò è il legame della leader con la Cina. Anche chi protesta è cosciente del fatto che, la legge sull’estradizione, è importante e potrebbe davvero aiutare Hong Kong, ma la sola idea di collaborare con la Cina porta la maggioranza della popolazione ad alzare i pugni al cielo. E a giudicare da questi episodi degli ultimi giorni, è ufficiale: finché Carrie Lam sarà premier, ad Hong Kong ci saranno proteste e rivolte, perché è questo quello che vogliono tutti, ovvero meno contatti possibili con la Cina.
Nel bene e nel male, niente Xi Jinping, il leader della Cina. Lo dimostrano gli striscioni che vengono appesi ovunque, dal parlamento alle strade. I graffiti e le scritte sui palazzi e i muri, che accusano la Cina di essere una dittatura, o le urla dei manifestanti per la città. Ogni piccolo segnale dimostra disapprovazione. È tutto un unico odio concentrato verso quello che viene ritenuto il vero nemico: la Cina.
Davide Zaino Pasqualone
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