Francia: il governo decide di abolire con una legge i certificati di verginità. L’opinione pubblica e gli stessi medici si dividono sul punto. Per molti, infatti, la pratica serve a salvare la vita a parecchie donne facenti parte di comunità dove la religione è fortemente radicata.
In Francia il governo Macron ha deciso di vietare la pratica dei certificati di verginità. Ma cosa è esattamente un certificato di verginità e qual è la procedura da seguire per rilasciarne uno?
I certificati di verginità, in Francia, vengono rilasciati soltanto dopo un controllo dell’integrità dell’imene e sono di solito richiesti da genitori e futuri mariti. Questo quando il giuramento di castità non basta e serve la garanzia rappresentata da un atto formale effettuato, redatto e sottoscritto da uno specialista in materia.
Per rilasciare questo certificato, un medico o un’ostetrica, deve esaminare i genitali esterni per verificare se l’imene è stato strappato o meno. Tuttavia, sono gli stessi medici a garantire che non vi sia alcuna connessione tra l’imene e la verginità. Sebbene possa effettivamente rompersi durante il primo rapporto sessuale, può anche accadere naturalmente o durante attività sportive varie, come la ginnastica o l’equitazione. Un imene rotto, quindi, non prova in alcun modo la non verginità di una donna. Come ribadisce l’IRC (International Rescue Committee), specificando che «l’imene (una membrana mucosa che si estende da un lato all’altro della vagina, ndr) non è un indicatore attendibile per stabilire lo “condizione sessuale” della ragazza».
L’intento del governo francese è, in particolare modo, quello di arginare il fenomeno nella comunità musulmana, refrattaria a dimenticarsi dell’usanza. Eppure, sorprendentemente, un gruppo di medici si è appellato al governo chiedendo che la legge non venga approvata. Secondo i medici promotori dell’appello al governo, infatti, la soluzione al problema non sarebbe una legge. Anzi. Approvarla «Significa attaccare gli effetti trascurando la causa che affonda le sue radici nell’ignoranza e nella paura. Solo l’educazione – concludono i firmatari – permetterà l’emancipazione di queste giovani donne».
Secondo l’Ordine dei Medici francesi, inoltre, l’esame della verginità «non ha giustificazione medica e costituisce una violazione del rispetto della personalità e della privacy della giovane donna, soprattutto una minorenne, costretta da coloro che la circondano a sottomettersi, non rientra nel ruolo del medico. Il medico deve rifiutare questo esame e la redazione di tale certificato»
Poi però aggiungono (e da lì, la spaccatura): «Ci capita di dover fornire questo certificato a una giovane donna per salvarle la vita, per proteggerla perché è indebolita, vulnerabile o minacciata”. Perciò secondo i medici che si schierano contro l’abolizione, perseguire penalmente chi rilascia questi certificati sarebbe uguale ad abbandonarle a pratiche clandestine, o a viaggi all’estero per ottenere comunque gli attestati, mentre oggi la il dialogo con l’esperto è l’occasione in cui aiutare le ragazze «a prendere coscienza della propria condizione e a liberarsi dal dominio maschile o familiare»
Nel 2018 Organizzazione mondiale della sanità, insieme a Onu Human Rights e Onu Women, ne aveva già chiesto il bando, spiegando come quella dei test sulla verginità sia una tradizione documentata in almeno venti paesi dove donne e ragazze sono costrette a sottoporsi all’esame spesso su richiesta dei genitori o di potenziali partners in vista di un possibile matrimonio o, addirittura, di datori di lavoro quale criterio utile per l’idoneità a lavorare.
«Non solo una violazione dei diritti umani femminili, ma in caso di violenza sessuale, anche causa di ulteriore dolore, perché porta a rivivere l’esperienza», è la certezza dell’istituto specializzato dell’ONU per la salute, secondo cui molte donne riportano ripercussioni a breve e lungo termine fisici, psicologici e sociali quali ansia, depressione e stress post traumatico, arrivando anche al tentativo di suicidio o al suicidio stesso in nome dell’onore.
Maria Giulia Vancheri
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Maria Giulia, che in una parola si definisce logorroica, è una studentessa 24enne di giurisprudenza, a Catania. Dopo anni passati sui libri ha pensato bene di iniziare a scrivere per non infastidire più chi non volesse ascoltare le tante cose che aveva da dire. Riconosce di essere fashion… ma non addicted. Ama il mare e anche durante la sessione estiva non rinuncia alla sua nuotata giornaliera, che le rinfresca il corpo e i pensieri.
Crede fermamente che chi semina amore, raccolga felicità