Filmare e non intervenire: quando la paura diviene indifferenza. Quasi una settimana fa, venerdì scorso, si è consumato un omicidio in pieno centro e in pieno giorno a Civitanova Marche, nella regione marchigiana. Un uomo nigeriano, Alika Ogorchukwu, viene prima aggredito e poi ucciso a mani nude da un uomo italiano di origine salernitana, Filippo Ferlazzo.
Per un attimo togliamo le origini dei due uomini. Un uomo subisce un’aggressione e poi perde la vita a causa di un altro uomo a mani nude. Forse non del tutto a mani nude perché il carnefice strappa la stampella con cui la vittima si reggeva dopo un incidente e la scaglia contro il suo proprietario. Ma nei video si vede chiaramente che l’omicidio si consuma con le mani e con i pugni di Filippo. Ecco, nei video. Ed è questo il punto dell’articolo.
Tutti noi probabilmente abbiamo un parente o conosciamo qualcuno che sia intervenuto durante le liti tra due persone o di qualche gruppetto un po’ fumantino. Con l’obiettivo di calmare i bollenti spiriti o di farli smettere nel modo migliore che ci conosce, che siano violenti o diplomatici.
Con l’avvento degli smartphone, però, ci ritroviamo spesso a vedere scene in cui si decide di filmare ma non si interviene. Che siano liti o persone in pericolo per la propria vita. Perché il problema non è il gesto del filmare in sé che è sbagliato, ma l’alone di indifferenza che si crea attorno al regista provetto ed alle persone nelle vicinanze che non intervengono. Da anni ormai sentiamo esclamazioni come ‘se hai il tempo di filmare hai anche il tempo di intervenire’. Ed il gesto del filmare ci fa capire tante cose.
Innanzitutto chi filma magari non possiede le giuste capacità per intervenire. L’intervento in questo caso, senza pensarci minimanente, sarebbe l’usare la violenza contro quel tipo di violenza. Un atto violento giustificato che forse avrebbe salvato la vita ad Alika. Filippo aveva la concentrazione così alta su Alika che non si sarebbe accorto di qualcuno che gli arrivava alle spalle per farlo smettere.
Un coraggio di cui non tutti disponiamo. Ed è qui che entra in gioco la paura.
Si è detto che la lite sia durata quattro minuti, assurdamente definiti un attimo. Quattro minuti, però, non sono un attimo. Quattro minuti è il tempo indicato per una canzone heavy metal con due strofe, due ritornelli, alle voltre tre, un bridge e l’assolo. E certamente non lo si fa in un attimo. In quei quattro minuti in cui si filmava e nemmeno i passanti intervenivano, si sarebbe potuto fare molto di più.
La paura è uno stato emotivo importante e talvolta anche sottovalutato. La società, i media, ci inculcano fin da piccoli ad aiutare i più deboli e a portare a casa quell’adesivo civico chiamato eroe. Ma la cosa non è così semplice, è più complicata del previsto. La paura ci rende vigili quando sentiamo rumori di notte provenire dalle scale o dal garage e ci armiano della prima cosa che ci capita a tiro.
La paura, però, dinanzi a scene assistite venerdì scorso a Civitanova Marche può anche paralizzarti e prendere il sopravvento. Magari hai sognato tutta la vita di salvare qualcuno da qualsiasi situazione di pericolo, ma in quel momento che ti si palesa davanti ti senti impotente. E nel peggiore dei casi estrai solo il cellulare per filmare l’accaduto.
Filippo sarà anche una persona con seri problemi psicologici e con un carattere violento, dato che hanno descritto il ragazzo come in preda ad una furia, ma andava fermato. Soprattutto perché non era armato, ed in passato si sono registrati casi in cui persone intervenivano anche contro persone armate e più pericolose.
In questo caso, però, parliamo di un tifoso del Millwall, squadra che ha tra le tifoserie più calde e odiate dell’Inghilterra.
Alika non solo è la vittima di un uomo in preda ad un raptus, ma anche la vittima di chi ha guardato e non ha fatto nulla. Perché Alika in quel momento era debole a causa di un incidente subito giorni prima. Nessuno immaginava sarebbe finito in quel modo, ma aveva con sé una stampella, il che già faceva capire che non era molto in grado di gestire una rissa.
Una richiesta insistente dell’elemosina di un ambulante, per giunta infortunato, nei confronti di una donna non può portare a questo.
Il panico è giustificato, ma sicuramente rimane una situazione in cui si poteva fare di più oltre che ad un video.
Simmaco Munno
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Nato e cresciuto a Santa Maria Capua Vetere, provincia di Caserta, quando il grunge esplodeva a livello globale, cioè nel ’91, e cresciuto a pane e pallone, col passare del tempo ha iniziato a sviluppare interessi come la musica (sa mettere le mani almeno su tre strumenti) la letteratura e la linguistica. Con un nome provinciale e assonante con la parola sindaco, sogna di poter diventare primo cittadino del suo paese per farsi chiamare “Il sindaco Simmaco”.