Il 9 maggio 2025, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) ha annunciato ufficialmente il proprio scioglimento. La decisione arriva a seguito del congresso straordinario, tenutosi dal 5 al 7 maggio, nelle cosiddette “Aree di difesa dei media”. Zone montane tra Turchia e Iraq controllate dal gruppo. Si tratta di un momento epocale che, almeno formalmente, segna la fine di oltre 40 anni di conflitto armato con lo Stato turco.
L’annuncio rappresenta una risposta diretta all’appello lanciato lo scorso 27 febbraio da Abdullah Öcalan, leader storico del movimento e detenuto dal 1999 nell’isola-prigione di İmralı. In quell’occasione, durante un incontro con una delegazione di parlamentari del partito filo-curdo Dem, Öcalan aveva chiesto la cessazione della lotta armata e l’avvio di un nuovo processo democratico. Pochi giorni dopo, il PKK aveva proclamato un cessate il fuoco unilaterale a partire dal 1° marzo.
Il PKK è stato fondato nel 1978 a Lice, nel sud-est della Turchia, con l’obiettivo iniziale di creare uno Stato curdo indipendente. L’organizzazione, di ispirazione marxista-leninista, ha evoluto nel tempo la propria ideologia verso un confederalismo democratico, mantenendo però una componente armata che ha segnato profondamente la storia recente della Turchia. Il conflitto con Ankara, iniziato nel 1984, ha provocato almeno 15.000 vittime e milioni di sfollati.
Malgrado sia considerato un gruppo terroristico da Turchia, Stati Uniti, Unione Europea e altri Paesi, il PKK e le sue milizie affiliate, come le YPG, hanno avuto un ruolo centrale nella lotta contro l’ISIS in Siria, guadagnandosi riconoscimenti in ambito internazionale.
L’annuncio dello scioglimento arriva in un clima politico più aperto. Nei giorni precedenti, esponenti del governo turco avevano segnalato disponibilità al dialogo. Il portavoce dell’AKP, Ömer Çelik, aveva dichiarato che “ogni passo verso il disarmo porterà a sviluppi positivi”. Anche il leader nazionalista Devlet Bahçeli, tradizionalmente ostile alla causa curda, aveva contribuito indicando data e luogo ideali per il congresso.
Resta ora da capire se lo scioglimento porterà reali cambiamenti. La questione curda non si risolve solo con la fine del conflitto armato: servono riforme costituzionali, garanzie democratiche e pieno riconoscimento dei diritti linguistici e culturali dei curdi. Il futuro dirà se si è davvero aperto un nuovo capitolo di pace, oppure solo chiusa una pagina senza scriverne ancora la successiva.
Fonte Immagine in Evidenza: euronews.com
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