Israele ha ripreso i bombardamenti sulla Striscia di Gaza su ordine del primo ministro Benjamin Netanyahu, avviando l’operazione “Strength and Sword” (Forza e Spada). La decisione è arrivata dopo il fallimento dei negoziati per prolungare il cessate il fuoco mediato a livello internazionale. Il Ministero della Salute di Gaza ha denunciato un bilancio di vittime in continuo aumento, con almeno 404 morti e 562 feriti, molti dei quali donne e bambini.
Mohammed Zaqout, direttore del ministero della Sanità della Striscia, ha confermato che la maggior parte delle vittime sono civili. Mohammed Qishta, medico di Medici Senza Frontiere, ha decsritto una situazione insostenibile presso l’ospedale di Nasser: “Il pronto soccorso è in condizioni disastrose. Abbiamo corpi e parti di corpi, per lo più bambini e donne. Noi medici abbiamo pianto per l’intensità della situazione. Molti pazienti presentano ustioni, amputazioni, ferite alla testa e al petto“.
Le Forze di Difesa Israeliane (Idf) e lo Shin Bet hanno dichiarato di aver colpito obiettivi strategici di Hamas e della Jihad islamica, affermando che le operazioni mirano a eliminare minacce terroristiche. Tra i bersagli individuati vi sono basi di lancio di razzi, depositi di armi e infrastrutture utilizzate per pianificare attacchi contro Israele. Secondo fonti militari, l’operazione mira a prevenire future offensive e a indebolire Hamas.
Nei raid israeliani sono stati uccisi diversi leader di Hamas. Tra le vittime, Mahmoud abu Watfa, considerato il “sottosegretario” del ministero degli Interni del governo di Hamas, e il premier de facto di Gaza, Issam al Daalis. Sono stati colpiti anche Yasser Harb, Abu Obeidah Muhammad al-Jamasi e Bahjat Abu Sultan, figure di spicco nella sicurezza interna di Hamas.
Inoltre, un esponente di Hamas ha riferito che uno degli ostaggi israeliani catturati il 7 ottobre sarebbe morto a causa dei raid, mentre altri sarebbero rimasti feriti. Anche la Jihad islamica ha subito perdite significative, con la morte del portavoce Abu Hamza e di Hassan al-Naam Abu Ali, quest’ultimo morto durante un attacco a Khan Younis.
Le Idf hanno ordinato l’evacuazione di numerose zone della Striscia di Gaza, definendole “aree di combattimento“. Tra le località coinvolte vi sono Beit Hanoun, Khirbet Khuza’a, Abasan al-Kabira e Abasan al-Jadida. I civili sono stati invitati a spostarsi verso Gaza City o Khan Younis per mettersi in salvo. Il portavoce delle Idf, Avichay Adraee, ha dichiarato che “le forze israeliane stanno conducendo un’offensiva potente contro le organizzazioni terroristiche“.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha difeso la decisione di riprendere i raid, accusando Hamas di aver rifiutato il rilascio degli ostaggi. “Israele continuerà a combattere fino al raggiungimento di tutti gli obiettivi“, ha dichiarato Netanyahu. Il ministro della Difesa, Israel Katz, ha ribadito che l’offensiva proseguirà “fino al ritorno degli ostaggi e alla distruzione delle capacità militari di Hamas“.
Hamas ha puntato il dito contro gli Stati Uniti, accusandoli di fornire “sostegno politico e militare illimitato” a Israele. Sami Abu Zuhri, portavoce del movimento, ha dichiarato all’Agence France-Presse che i raid israeliani sono “un tentativo di costringere Hamas alla resa, con la complicità di Washington“. Secondo Hamas, l’amministrazione americana sarebbe “pienamente responsabile” delle vittime civili a Gaza.
Il movimento ha anche risposto duramente alle dichiarazioni di Netanyahu, accusandolo di aver “sabotato il cessate il fuoco” e “condannato a morte gli ostaggi” ancora detenuti nella Striscia. Secondo Hamas, il premier israeliano starebbe usando la guerra come “strumento politico” per allontanare l’attenzione dalla crisi politica interna.
Un portavoce di Hamas ha, poi, sottolineato che il movimento continua a coordinarsi con i mediatori internazionali per cercare di “frenare l’aggressione israeliana” e trovare una soluzione per la crisi umanitaria in corso. “Abbiamo accettato il cessate il fuoco e lo abbiamo rispettato, ma Israele ha scelto la guerra“, ha dichiarato il portavoce.
La Casa Bianca ha confermato che Israele ha consultato gli Stati Uniti prima di lanciare i raid. Il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, Brian Hughes, ha dichiarato che “Hamas avrebbe potuto rilasciare gli ostaggi e prolungare il cessate il fuoco, ma ha scelto la guerra“. Karoline Leavitt, portavoce del presidente americano, ha aggiunto che “Hamas, gli Houthi, l’Iran e tutti coloro che minacciano Israele e gli Stati Uniti pagheranno un prezzo“.
In Israele, la ripresa dei combattimenti ha avuto ripercussioni politiche. Il partito di estrema destra Otzma Yehudit, guidato da Itamar Ben Gvir, ha annunciato il rientro nella coalizione di governo di Netanyahu. La forza politica si era ritirata in polemica con la tregua con Hamas, ma ora sostiene la ripresa dell’offensiva militare. In un comunicato, Otzma Yehudit ha dichiarato che “Israele deve continuare a combattere con determinazione per la sicurezza del proprio popolo“.
Fonte Foto in Evidenza: Adnkronos.com
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