Donald Trump trionfa alle elezioni elettorali. Battuta, e non di poco, la candidata democratica Kamala Harris. Tuttavia, il candidato repubblicano diventerà ufficialmente il 47° presidente della storia degli Stati Uniti quando, i Grandi Elettori scelti dal popolo americano si riuniranno (verso la metà di dicembre) per eleggere formalmente il proprio presidente e il suo vice. In questo caso, Donald Trump e James David Vance.
Successivamente, il 6 gennaio, il nuovo Congresso degli Stati Uniti d’America verificherà i voti del Collegio e, solo allora, Trump sarà investito ufficialmente della carica. L’inaugurazione presidenziale, ovvero il momento in cui il neopresidente giura sulla Costituzione, è prevista invece per il 20 gennaio 2025.
Bisogna attendere almeno febbraio 2025 per vedere una piena operatività di Trump. Ciononostante, i leader europei si rapportano a lui come se avesse già pieni poteri dello Studio Ovale. Tra l’altro, le intenzioni politiche del tycoon non sono cambiate dal suo primo mandato (del 2016). In campagna elettorale ha promosso iniziative, le quali riguardano direttamente il Vecchio continente.
A cominciare dagli scambi commerciali. Secondo alcune previsioni, i dazi sulle importazioni che Trump vorrebbe introdurre, potrebbero far perdere all’Europa l’1,5% del suo Pil entro il 2028. Le relazioni commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea, al momento, valgono circa mille miliardi di euro annui in beni e servizi, con un bilancio commerciale favorevole all’Ue. La Germania sarebbe il Paese più esposto all’istituzione di un’imposta generalizzata del 10% o 20%, ipotesi ventilata da Trump.
Vi sono tematiche interne (e non) che coinvolgeranno indirettamente l’Europa. Come, per esempio, il freno al contrasto del cambiamento climatico. Quest’ultimo, d’altronde, è stato definito da Trump come “la più grande bufala della storia“.
Oltre alla questione della lotta al cambiamento climatico e al contrasto dell’immigrazione, temi che rimangano più interni che internazionali, l’Europa dipenderà invece in modo più importante da Donald Trump per quanto riguarda l’esito dei conflitti che attualmente vi sono nel Vecchio Continente. La paura più grande è che, senza l’aiuto americano, l’Ucraina probabilmente non avrebbe resistito all’invasione russa.
Trump in campagna elettorale ha promesso che la sua elezione avrebbe portato a una rapida fine della guerra tra Kiev e Mosca. Il timore, dal lato ucraino, è che il tycoon, al fine di velocizzare il processo di risoluzione del conflitto, possa indurre a cedere a Vladimir Putin alcuni territori appartenenti all’Ucraina prebellica.
Una direzione verso cui Trump potrebbe spingere Volodymyr Zelensky e che. quest’ultimo, si vedrebbe costretto ad accettare se gli venisse a mancare il supporto militare statunitense. Per quanto riguarda la questione mediorientale, Trump, il quale ha riconosciuto la capitale di Israele a Gerusalemme e ha lanciato gli Accordi di Abramo potrebbe, però, pur garantendo il proprio sostegno, chiedere a Benjamin Netanyahu di fermare gli attacchi a Gaza e in Libano, magari con l’impegno a riprendere gli Accordi di Abramo ed estendendoli all’Arabia Saudita.
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