Il caso calabrese con Conte scatena la polemica generale: assembramenti ai comizi politici in vista delle elezioni amministrative. Sotto i palchi, in tutta Italia, piazze gremite e nessun distanziamento. Nel frattempo, le restrittive misure adottate a seguito dell’emergenza Covid continuano a valere per i settori culturali e creativi: gli artisti prendono posizione.
La campagna elettorale nelle piazze si sta facendo intensa in vista delle elezioni amministrative, che coinvolgeranno 1.154 comuni italiani. Il tutto sembra avvenire in totale assenza di misure anti-Covid, senza alcun distanziamento e senza mascherine. Questo ha portato alla luce un tema spinoso: quello dei danni che i settori legati alla cultura e alla creatività continuano a subire. Infatti, a seguito del recente comizio dell’ex premier Giuseppe Conte a Cosenza, teatro di assembramento privo di misure di sicurezza, alcuni artisti hanno deciso di esprimere le proprie rimostranze, a cominciare da Ermal Meta, seguito poi da altre personalità come Enrico Ruggeri, Fedez e Piero Pelù. Ciò che non è piaciuto agli artisti è che dallo scoppio della pandemia Covid, i settori culturali e creativi hanno subito l’effetto delle restrizioni; restrizioni, che sembrano non valere per la politica e per altri settori che di fatto sono portatori di un rischio spesso più elevato (si pensi ai comizi in campagna elettorale).
Non bisogna dimenticare che i settori culturali e creativi sono molto importanti per il loro impatto sull’economia. Concorrono infatti a stimolare l’innovazione economica, generando positivo impatto sociale su benessere e salute, istruzione, inclusione. Si tratta di settori fra i più colpiti dal Covid, insieme al settore del turismo, con la maggior parte dei posti di lavoro a rischi concentrati nelle grandi città; basti pensare che si è riscontrata una percentuale di posti di lavoro a rischio stimata fra lo 0,8% e il 5,5% dell’occupazione nelle Regioni OCSE. Emerge ad esempio che i settori legati ad eventi e luoghi fisici come i musei, le arti performative, la musica dal vivo, i festival, il cinema, siano i più colpiti dalle misure di distanziamento sociale; il brusco calo delle entrate, mette a rischio la loro sostenibilità finanziaria, causando una riduzione degli stipendi e spesso portando a licenziamenti. L‘OECD (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) Policy Responses to Coronavirus ha espressamente parlato di “shock cultura” descrivendo questo fenomeno.
L’emergenza Covid ha messo a nudo la fragilità di questi settori e l’inadeguatezza dei programmi di sostegno pubblico: ciò potrebbe comportare conseguenze ancor più disastrose nel lungo periodo, se le istituzioni non cambieranno approccio alla questione, soprattutto alla luce del fatto che la cultura rappresenti uno dei motori trainanti del nostro Paese, ed esalti la qualità e la competitività italiana. Fra gli appelli degli artisti in questi giorni, ricordiamo quello di Fedez: «Il settore dello spettacolo e i suoi lavoratori sono ormai del tutto abbandonati, il Green Pass è lo strumento per tornare alla normalità, ma non per loro. Con la certificazione perché non riaprire alla capacità massima dei concerti? Se da una parte il Ministero dei Beni Culturali e il Governo non fanno nulla dall’altra veniamo deliziati da queste immagini festose (le piazze affollate durante i comizi elettorali) che rappresentano un vero e proprio schiaffo in faccia per intere famiglie che per voi evidentemente sono inesistenti. La vostra propaganda non può venire prima delle persone».
Stefania Piva
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È nata e vive a Milano. È Avvocato, laureata in giurisprudenza all’Università Statale di Milano, ha svolto la pratica forense presso l’Avvocatura dello Stato di Brescia, e si è specializzata presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università Statale di Milano. Da sempre appassionata di politica e giornalismo, ha scritto in precedenza per il giornale locale ABC Milano.