Cinque macachi con disturbi del sonno sono stati clonati nei laboratori dell’Accademia delle Scienze di Shanghai. È scontro fra scienza e etica
Un gruppo di genetisti cinesi ha clonato in laboratorio cinque scimmie ammalate di insonnia. Il metodo usato è stato il medesimo della pecora Dolly, tecnica con la quale appena l’anno scorso, sempre in Cina, erano state generate Zhong Zhong e Hua Hua, le prime due scimmie clonate al mondo. L’esperimento è stato pubblicato sul National Science Review, la rivista dell’Accademia delle Scienze di Shanghai.
L’obiettivo della ricerca, che già suscita notevoli polemiche sia da parte del mondo scientifico sia dalle Associazioni animaliste asiatiche e internazionali, dovrebbe essere quello di permettere di studiare malattie difficili da riprodurre in laboratorio, come alcune patologie neurogenerative: l’insonnia, appunto, ma anche ansia e depressione.
Le cinque scimmie insonni sono il “risultato” di due esperimenti. Il primo step prevedeva la modifica genetica degli embrioni delle scimmie, utilizzando la Crispr/Cas9, un editing del Dna, simile a una sorta di copia-incolla. Negli embrioni, quindi, è stato eliminato il BMAL1, uno dei fattori che regolano il ritmo biologico, condannando le cinque cavie a nascere con disturbi legati al ciclo sonno-veglia. Nella seconda fase del processo, invece, sono stati prelevati i nuclei di cellule adulte dalle scimmie e sono stati trasferiti negli ovociti, senza il loro nucleo originale. Proprio quest’ultima fase ha fatto “nascere” le cinque scimmie insonni.
Se, però, da una parte il mondo scientifico guarda con pudico interesse alla nuova scoperta, il resto del mondo si interroga sul risvolto etico della questione. «Siamo di fronte alla pura follia. Non solo da un punto di vista etico, ma anche da un punto di vista scientifico» sono le parole di Michela Kuan, biologa e responsabile nazionale del settore vivisezione della LAV – Lega Antivivisezione. Come si legge in un comunicato, quest’ultima chiede che siano resi noti anche i fallimenti e i costi complessivi che l’esperimento ha comportato. Sottolineando che «il 75% degli embrioni animali clonati muore entro i primi due mesi di gravidanza e il 25% nasce morto o con deformità incompatibili con la vita».
Francesca Santi
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