I recenti attacchi terroristici avvenuti a Parigi hanno inevitabilmente rimesso in discussione il ruolo di Schengen e l’efficienza di tali accordi, sottoscritti nel 1985 tra la Francia, gli Stati del BENELUX (Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo) e l’allora Germania dell’Ovest. Nato come patto intergovernativo tra le suddette nazioni, nel corso degli anni Novanta è stato allargato ad altri Stati membri dell’Unione Europea (l’Italia ha aderito nel 1990) sino ad arrivare agli attuali 26, tra cui Svizzera, Norvegia, Liechtenstein e Islanda. Il principio costituente su cui poggiano gli accordi di Schengen è la libera circolazione delle persone, senza il controllo di passaporti o documenti riconoscitivi, dentro i confini territoriali dell’Europa, affinché si affermi l’idea che tutti i cittadini del “vecchio Continente” si spostano adesso idealmente all’interno di un’unica grande nazione.
L’organizzazione minuziosa dei sanguinosi attentati parigini ha, però, messo in dubbio l’efficacia di Schengen, in quanto Abdelhamid Abaaoud, definito la mente della strage secondo la ricostruzione della Procura di Parigi, ha potuto muoversi liberamente tra la Francia, il Belgio (da cui si è mosso il gruppo di fuoco che ha colpito il 13 novembre scorso) e la Siria per mettere a punto il proprio piano, pur essendo da tempo sulle tracce della polizia. Oltretutto, uno dei kamikaze dello Stade de France è riuscito a varcare i confini europei mescolandosi tra i profughi siriani approdati sulle coste greche, a bordo di uno dei tanti “barconi della speranza”, allo scopo di ricongiungersi con la cellula jihadista di Verviers.
La ricomposizione dell’inquietante “puzzle” mette facilmente a nudo le falle strutturali di Schengen: sono venuti meno i sistemi di controllo delle frontiere esterne e quelli di comunicazione tra le varie polizie europee, cosicché è reso più semplice il proprio “compito” ai terroristi. L’Europa si divide, pertanto, tra chi vuole confermare la validità degli accordi e chi, invece, chiede a gran voce la loro revisione ai fini di contrastare adeguatamente il fenomeno dei foreign fighter.
Gabriele Mirabella
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