L’odissea della nave Sea Watch si è conclusa nella notte del 26 giugno, quando il comandante Carola Rackete ha preso la decisione di approdare nel porto di Lampedusa, pur senza autorizzazione preventiva, per far sbarcare i 40 migranti ormai stremati da 15 giorni di limbo in mare aperto. Il capitano, prima di procedere alla manovra, aveva invocato lo stato di calamità a fronte delle drammatiche condizioni in cui riversavano i passeggeri della nave.
Nel tentativo di raggiungere la costa siciliana la nave dell’Ong avrebbe, secondo le accuse mosse dai finanzieri coinvolti, rischiato di schiacciare contro la banchina proprio la motovedetta della Guardia di Finanza che cercava di evitare l’approdo. I 40 migranti a bordo sono stati fatti sbarcare alle prime luci dell’alba, mentre il comandante Rackete è stata arrestata. L’accusa mossa alla procura di Agrigento è stata di resistenza e violenza a nave da guerra e tentato naufragio.
Dopo 3 giorni di domiciliari, in un’abitazione a Lampedusa, Carola Rackete è tornata libera. Il gip non ha, infatti, convalidato l’arresto, escludendo il reato contestato – di resistenza e violenza a nave da guerra – e considerando il reato di resistenza a pubblico ufficiale attenuato dal fatto di aver agito all’ “adempimento di un dovere”, ossia lo salvare delle vite.
Il Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che in precedenza aveva dimostrato grande soddisfazione per l’arresto della Rackete, ha manifestato una profonda delusione per la decisione del gip di non consolidare le accuse, sostenendo, inoltre, di voler disporre un provvedimento per allontanare la ragazza dal territorio nazionale con accompagnamento alla frontiera. Quest’ultima intenzione, tuttavia, è stata dissuasa dal prefetto Caputo, il quale ha affermato che ciò non potrà avvenire finché l’interessata non sarà nuovamente interrogata dai pm, in merito al reato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. L’interrogatorio è stato fissato per il 9 luglio.
Francesca Santi
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