A quasi una settimana dalla fine della cinquantesima edizione di Cosmoprof Worldwilde Bologna, una delle più famose esposizioni per l’industria cosmetica mondiale tenutasi nel capoluogo emiliano dal 16 al 20 marzo, le proteste dei dipendenti di BolognaFiere non si sono placate. Già nel giugno del 2016, oltre centoventi lavoratori part-time dell’expo bolognese si erano visti recapitare le lettere di mobilità; tagli con cui la società aveva previsto di risparmiare circa due milioni di euro.
La decisione, unica nel suo genere dato che Via Michelino non aveva prima di allora mai calato la scure sui suoi dipendenti, ha lasciato interdetti lavoratori e sindacati, che da subito hanno chiesto spiegazioni e confronti con i vertici e con il Comune. Il Presidente di BolognaFiere, Franco Boni, ex numero uno della Fiera di Parma designato nel 2016 come successore di Duccio Campagnoli, si era riferito ai numerosi licenziamenti come ad un «intervento improcrastinabile» che avrebbe nuovamente conferito credibilità al piano industriale della Fiera.
Ma sin dalle prime battute di un dialogo che è parso a senso unico fra la Fiera e i sindacati, a farne le spese sono stati quei lavoratori che già all’inizio del 2017 hanno visto inequivocabilmente cambiare il proprio orizzonte lavorativo.
Il Comune, prossimo a diventare socio di maggioranza dell’organo fieristico, è intervenuto per cercare una mediazione fra Fiera e i rappresentanti dei lavoratori, ma gli animi di quest’ultimi si sono scaldati dinnanzi alla celata ritrosia dell’expo a condividere la documentazione riguardante il piano di sviluppo e alle preoccupanti voci su una possibile cessione di un ramo d’azienda. Cgil, Cisl, Uil, Usb e Sgb si sono subito mobilitati con assemblee dei lavoratori e manifestazioni che inneggiassero a una maggiore chiarezza e a precise prese di responsabilità da parte degli interessati. Ed è stata proprio la responsabilità il leitmotiv dei numerosi incontri fra Comune, Fiera e sindacati. Palazzo d’Accursio ha cercato di scongiurare la minaccia di ulteriori scioperi proponendo un «fondo di incentivazione volontaria all’esodo» finalizzato anche alla continuità professionale, ma i rappresentanti dei lavoratori hanno rigettato, chi con più chi con meno riserve, ogni trattativa, accusando, inoltre, la Fiera di custodire gelosamente la pagina 49 del piano industriale in cui viene fissato il taglio delle ore del personale di manifestazione.
In ballo ci sono contratti irregolari, voucher impiegati in appalti illegittimi, buone uscite giocate al ribasso e cifre impropriamente gonfiate, a partire dalla tariffa media oraria di un dipendente della Fiera che secondo le parole del Presidente Boni si aggirerebbe attorno ai 33,31 euro all’ora. La cifra si riduce drasticamente, però, a 16 euro lordi l’ora nelle parole di chi quel lavoro lo svolge da oltre trent’anni. Per quanto concerne gli appalti, già a febbraio la Cgil aveva accusato il polo fieristico e in particolare la SG Service Srl, azienda che offre consulenza e personale per la realizzazione e gestione di eventi e che da anni si occupa per conto della fiera bolognese di accoglienza, portierato e presidi di sicurezza, di stipulare contratti “illegali” per prestazioni occasionali o lavori a chiamata. Non solo, secondo il sindacato di Via Marconi quei lavoratori venivano pagati in voucher, cosa del tutto illegittima dal momento che questi non si possono applicare all’interno degli appalti e la modalità del “contratto a chiamata” può essere utilizzata solamente per determinate fasce di età.
«BolognaFiere ha sempre agito nel rispetto della normativa vigente non solo al momento della stipula del contratto, ma anche nel corso della sua esecuzione» è stata la tempestiva risposta della società, aggiungendo che «Il contratto di cui si tratta prevede una serie di prestazioni di servizi affidate a SG Service con l’espresso obbligo di osservare la disciplina legislativa in tema di adempimenti retributivi, contributivi, assistenziali, assicurativi e fiscali nei confronti dei lavoratori impiegati». Secondo alcune fonti interne alla Fiera, però, sembra che il meccanismo dei contratti a chiamata sia stato utilizzato anche durante il Cosmoprof Worldwilde Bologna per ovviare alla mancanza di quel personale che era invece occupato nello sciopero. In questo modo la cifra di oltre 200mila euro di danni per i mancati biglietti erogati risulterebbe, anche considerando che molti visitatori hanno acquistato il biglietto online e quindi non si sono dovuti recare alle biglietterie, estremamente inferiore, quantificabile più in un danno di immagine rispetto piuttosto ad un’effettiva perdita economica.
Dopo la manifestazione di giovedì 16 marzo davanti alla sede dell’ex Provincia in via Zamboni e lo sciopero generale di venerdì 17, i lavoratori di Via Michelino hanno portato il loro dissenso anche fra le mura di Palazzo d’Accursio, quando una delegazione di dipendenti della Fiera ha rumoreggiato in merito all’intervento della capogruppo di Lega Nord Paola Francesca Scarano, colpevole di aver condannato lo sciopero di venerdì 17. Dopo un breve scambio di opinioni, tuttavia, nel momento in cui la delegazione ha chiesto la parola per rispondere alle “bugie” sentite in aula, la presidenza del Consiglio comunale ha deciso di interrompere la seduta.
A fronte, però, dell’incerto destino dei lavoratori, non è mancata la solidarietà delle forze politiche bolognesi a cominciare dal Vicepresidente del Consiglio comunale, Marco Piazza (M5S), che dal blog di Beppe Grillo incita a «difendere la dignità del posto di lavoro e condizioni di lavoro decorose rifiutando il modello dei precari voucherizzati e lavoratori che palleggiano da una cooperativa all’altra senza nemmeno più la possibilità di essere protetti da clausole sociali». Lo stesso Sindaco Merola ribadisce che «a Bologna non si licenzia», invitando le parti in causa a comprendere la necessità di pervenire a scelte condivise invece di «lasciare al mercato l’inappellabile verdetto sulla competitività della Fiera». Al tal proposito, è stato votato lo scorso lunedì in Consiglio comunale l’ordine del giorno sottoscritto dai consiglieri del Partito Democratico, con la partecipazione di Coalizione Civica, in cui si invitavano il Sindaco e la Giunta a farsi promotori di un più vasto lavoro di sorveglianza in merito all’esecuzione degli appalti in tutta la filiera collegata al polo fieristico bolognese e BolognaFiere S.p.A., ad individuare ed inserire nel prossimo capitolato di appalto, in accordo con i sindacati, una soluzione volta al mantenimento del personale che abbia operato presso l’appalto in oggetto.
L’Odg invitava, inoltre, il Sindaco a patrocinare la sottoscrizione di un “patto per il lavoro di sito”, promosso in Commissione da Federico Martelloni (Coalizione Civica) ai fini di assicurare la continuità occupazionale e condizioni lavorative dignitose per i lavoratori impiegati negli appalti dell’ente fieristico. Ieri, infine, è stato discusso in Consiglio un ordine del giorno teso ad invitare il Sindaco e la Giunta a proporre verifiche straordinarie sui costi e sui bilanci delle società partecipate da BolognaFiere, prima di valutare ogni eventuale taglio al costo del personale.
Francesca Santi
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