Andrea Previati ha 20 anni e da quasi due sta vivendo un sogno. Giocare a calcio e frequentare la facoltà di economia di una delle università più prestigiose del mondo: la St. John’s di New York. Il tutto grazie alla propria abnegazione e al portale yourfootball.it che, dopo un’ardua selezione, gli ha regalato una borsa di studio. Il centrocampista è intervenuto in esclusiva ai microfoni di Voci di Sport per raccontare la sua storia.
Andrea, dopo un inizio in squadre dilettantistiche lombarde, è arrivata la grande occasione. Andiamo con ordine.
“Giunto all’ultimo anno di scuola avevo il dilemma tra il calcio professionistico, il mio sogno, e lo studio. Preferivo la prima scelta, ma ero pronto a lasciare tutto per andare all’università. Avevo superato i test di economia sia alla Bocconi, sia alla Cattolica. Poi, è arrivata quest’opportunità grazie a yourfootball.it, gestito da Matteo Cioffi e Bernardo Corradi. Eravamo in più di quattromila iscritti. Io sono arrivato in finale. Eravamo quaranta e dovevamo sfidarci davanti ai coach americani. Mi hanno preso”.
Una borsa di studio di fondamentale importanza.
“Sì, si tratta di 45 mila dollari che mi permettono di vivere quasi a costo zero. La borsa di studio, infatti, copre retta, alloggio, libri e abbigliamento sportivo”.
Il sistema americano, ricordiamolo, funziona in maniera diversa rispetto a quello europeo.
“Proprio così. Fin dall’high school i ragazzi giocano per la propria scuola. Poi, proseguono al college. Questo è un grandissimo vantaggio dal punto di vista tempistico, perché all’interno della struttura in cui studio ci sono anche tutte le attrezzature sportive. Ho gli allenamenti incastrati con le lezioni universitarie, ma tutto si fa nel giro di 100 metri. Ciò permette un’armonia tra studio e sport, a differenza dell’Italia dove è difficile conciliare le due cose. Poi, i professori sanno che sei un atleta e stai giocando a nome dell’università. Pertanto, le poche assenze dovute alle trasferte fuori casa sono giustificate”.
NCAA e Draft, come nella NBA.
“Sì, prima si partecipa al campionato NCAA, quello universitario, che è già molto seguito. Dopo quattro anni, l’atleta-studente, che intanto ha conseguito una laurea, ha la possibilità di partecipare a un draft in cui le squadre della MLS terranno conto dei mgliori giocatori per effettuare le loro scelte. L’ex capitano della mia squadra, sei giorni fa, è stato la tredicesima scelta e in questo momento si sta allenando con i Vancouver Whitecaps”.
Rendimento universitario legato a quello sportivo?
“È vero: il sistema NCAA richiede un punteggio minimo universitario. Se non si arriva a una determinata media-voti, l’atleta non può partecipare alla stagione sportiva. Quindi, anche da questo punto di vista, sei stimolato a studiare per poter giocare”.
Al momento del tuo arrivo, hai detto di essere rimasto stupito dall’organizzazione.
“Ho trovato uno spogliatoio pieno di comfort, da fare invidia ad alcune squadre di Serie A. Qua, allo stadio, per una gara tra squadre di college trovi duemila-tremila tifosi. Poi, ci sono la banda e le cheerleder a bordocampo. Suscitiamo interesse anche nei media e spesso le nostre gare vengono trasmesse da ESPN. Lo staff che ci segue è di massimo livello: un allenatore, due vice, un preparatore dei portieri, tutto curato nel minimo dettaglio. Così ci si sente professionisti.
Il tuo allenatore è europeo o “made in USA”?
Il nostro allenatore è americano e ha creato il programma calcistico della nostra università. La St. Johns, però, punta su ragazzi internazionali, infatti abbiamo quattordici stranieri in rosa. In America, infatti, si sta investendo sul soccer e gli scout vanno in giro per il mondo per trovare nuovi talenti. Anche il calcio femminile è molto seguito ed è di pregevole livello. Uno dei miei ex allenatori, Antonio Cincotta adesso è alla guida del Milan femminile. Mi ha invitato a guardare qualche partita e devo dire che il livello del nostro “calcio in rosa” non è basso, ma non è seguito dai media. Probabilmente un sacco di ragazze vorrebbero seguire la mia strada. Ecco, hanno le mie stesse possibilità, se non di più. Non ci sono differenze. In Italia è trascurato, negli States no. Possono avere anche loro borsa studio”.
Ritornando al calcio americano, l’arrivo di Beckham è stato lo spartiacque.
“Sono d’accordo, infatti società statunitensi stanno cercando di prendere grandi campioni per attrarre sempre più pubblico. L’ultimo è Giovinco, ma nel recente passato anche Henry, Nesta, Di Vaio e Corradi. Il calcio americano sta cercando attenzione da parte dei media, ma nello stesso tempo ho avuto occasione di vedere diverse gare di MLS e sono partite divertenti, con un calcio fisico e veloce. Bisogna smetterla di sostenere che il calcio americano sia inferiore: gli stadi sono pieni, ci sono entusiasmo e soldi da investire, ottimi calciatori che stanno arrivando e stanno portando la MLS piano piano ai livelli dei più grandi campionati del mondo”.
Ci racconti qualche curiosità legata alla tua esperienza?
“Al mio arrivo sono rimasto stupito perché i poster e gli adesivi della mia squadra girano per la città, ma la cosa più particolare è l’heart rate: un aggeggino che ci hanno dato durante le vacanze di Natale, che registra i nostri allenamenti, per evitare che durante le vacanze potessimo battere la fiacca. I risultati arrivano ai coach negli USA. Non si può stare fermi un giorno.”
I tuoi genitori come hanno preso la decisione di trasferirti negli USA?
“All’inizio erano indecisi, perché mandare un figlio dall’altro lato del mondo non è mai facile. Però, sono stati entrambi felici perché unire questa cosa del mio sogno più studi in universita americana è una cosa che non puoi lasciarti scappare”.
Lenny Kravitz ha dedicato una canzone a New York, la sua città. In una strofa dice che gli ha insegnato a vivere nel mondo. Tu sei nato a Milano, ma siamo sicuri che questa esperienza ti abbia insegnato qualcosa.
“L’America ti sveglia. È un mondo diverso, in cui non puoi permetterti di non stare al passo e che ti dà grandi opportunità”.
Piani futuri?
“Finire quattro anni di college, puntando a fare il massimo nel campionato NCAA e, allo stesso tempo laurearmi, in Economy and Business. Cercare di entrare nel draft e, perché no entrare nel professionismo. In caso contrario, l’obiettivo è avere una laurea di grande interesse e focalizzarmi nell’ambito sportivo perché fa parte della mia vita”.
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Nell’albo dei pubblicisti dal 2013, ha scritto un eBook sui reporter di guerra e conseguito due lauree. A Catania si è innamorato del giornalismo sportivo; a Londra si è tolto la soddisfazione di collaborare per il Guardian e il Daily Mail. Esperto di digital marketing e amante dei social media, nel 2017 ha deciso di tornare a collaborare con VdC di cui era già stato volto e firma nel 2012-2013.