Mentre Taormina si apriva allo scenario politico internazionale e accoglieva alcuni tra i più importanti leader mondiali, il presidente americano Donald Trump ha annunciato la sua decisione in merito agli accordi di Parigi sul clima. Il trattato era stato firmato dall’ex-presidente Obama agli sgoccioli del suo mandato senza aver chiesto l’approvazione al Congresso, cosa che, sebbene non strettamente necessaria, ha fatto storcere il naso a non pochi repubblicani. Trump ha recentemente fatto chiara la sua intenzione di recedere dagli accordi a causa delle «ingiuste condizioni» poste a carico degli Stati Uniti. «Sono stato eletto per rappresentare i cittadini di Pittsburgh, non quelli di Parigi» ha commentato il neo-presidente, rimanendo quindi fedele alla politica di America First che lo ha accompagnato per tutta la sua campagna elettorale.
La decisione è stata accolta con particolare scetticismo e, chiaramente, non sono mancate le proteste da parte delle opposizioni: anche molte celebrità impegnate nel campo della salvaguardia dell’ambiente, primo fra tutti Leonardo DiCaprio, si sono spese in lunghe critiche nei confronti della risoluzione. Il premio Oscar ha, infatti, manifestato sui social tutto il suo disappunto nei confronti del presidente americano «la vivibilità del nostro pianeta è stata messa a repentaglio dalla scellerata decisione del presidente Trump […]. Il nostro futuro su questo pianeta è più a rischio che mai». Aspra anche la critica del neo-presidente francese Macron che sfida a faccia aperta Trump, rispondendo al ritiro degli Stati Uniti con lo slogan Make our planet great again e lanciando un appello agli scienziati americani delusi perché portino la loro ricerca in Europa e contribuiscano a risolvere la crisi ambientale.
Nonostante l’atmosfera di tensione che ha circondato tutta la vicenda, gli esperti non sono preoccupati dalla situazione ed alcuni tra questi ritengono che, piuttosto, il ritiro degli Stati Uniti possa trasformarsi in un punto di forza per la realizzazione degli obiettivi degli accordi stessi. Il trattato di Parigi ha per gran parte un valore simbolico in quanto non sono previste alcune sanzioni per la violazione delle condizioni in esso presenti: si inserisce in uno schema più grande di protezione e salvaguardia dell’ambiente che fa capo alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e presenta dei chiari vincoli procedurali relativi alla trasparenza dei contributi economici, determinati dagli stessi Stati, per la realizzazione degli obiettivi già espressi sia nell’accordo di Copenhagen del 2009, sia in quello di Cancún del 2010. In sostanza, rappresenta un problema molto più grave sul piano diplomatico che sul piano delle politiche ambientali (è significativo sottolineare che gli unici Stati a non aver sottoscritto e ratificato l’accordo sono Stati Uniti, Nicaragua e Siria).
Il problema più importante, tuttavia, risiede nell’aver perso un posto al tavolo delle trattative di quella che sarà, secondo gli esperti, la nuova rivoluzione industriale; questa decisione manda un chiaro messaggio al mondo: è giunta la fine dell’innovazione americana. Le grandi compagnie statunitensi – Apple, Google, Shell ed Exxon tra tutte – si sono espresse contro un ritiro dall’accordo di Parigi e hanno in più occasioni cercato di far cambiare opinione al presidente americano in merito all’argomento. Da questo punto di vista, particolare interesse suscita la posizione del colosso petrolifero americano Exxon, di cui è parte anche Rex Tillerson, Segretario di Stato degli USA. Secondo quanto riportato dalla stampa americana, Tillerson sarebbe spesso entrato in conflitto con Steve Bannon – uno tra i più importanti consiglieri di Trump – in merito all’argomento. Essersi preclusi la possibilità di sedere al tavolo internazionale delle politiche ambientali globali e, di conseguenza il potere di porre un veto a quelle più scomode, rappresenta una grande sconfitta per l’ex CEO di Exxon che indubbiamente vedeva nella partecipazione agli accordi di Parigi un’ottima opportunità per l’azienda petrolifera statunitense.
Il ritiro degli Stati Uniti non comporterà una riduzione dell’efficacia dell’accordo di Parigi né delle nuove politiche ambientali: la reale conseguenza della decisione del presidente Trump è stata, oltre all’ennesima ondata di impopolarità di cui la sua amministrazione si è ricoperta, un potenziale rafforzamento dell’Europa intera perché diventi così un punto di riferimento per le politiche ambientali di tutto il mondo.
Francesco Maccarrone
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